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di EMILIO GRECO*
Aderisco all’iniziativa del Quotidiano e del suo direttore contro lo strapotere della criminalità organizzata per un semplice motivo, oltre che per quello sottinteso: non è un’iniziativa retorica. Mi sembra un incipit fondamentale per poter instaurare una discussione che sia aperta e franca, libera e democratica e riguardi innanzitutto il metodo con il quale nel corso dei decenni è stato affrontato il problema. Esistono diverse Calabrie e diverse condizioni. Ci sono zone dell’entroterra reggino, per esempio, che costituiscono una leadership assoluta nel mercato internazionale della droga e del riciclaggio e che non possono certo essere confrontate con quanto accade da sempre, per esempio, a Cosenza. La legislazione speciale antimafia, nata e scaturita sempre dopo gravi attentati di mafia, ha scardinato l’apparato logistico siciliano che si è retto, sin dal dopoguerra, su un patto di cointeressenze impressionanti: basterebbe ricordare i cugini Salvo per capirlo. Ma in Sicilia hanno fermentato anticorpi sociali dalle Università, dai centri di aggregazione cattolica e sociale che storicamente hanno dimostrato come tutto non fosse omertà. In Calabria non è stato così: il “sistema” sociale che ha dominato i territori ha messo le mani sugli affari e sugli appalti nel silenzio e nella complicità di alcuni apparati politici. E’ avvenuto per convergenza di interessi o per paura? Questa è una domanda che rimane insoluta, seppure il lavoro della Dda in quel territorio specifico fornisce risposte chiare. Come avvocato penalista sono naturalmente vocato al garantismo e alla difesa dei diritti processuali di chiunque, fosse anche il boss più feroce del mondo: si tratta di un principio giuridico fondamentale del nostro ordinamento. Ma credo che l’iniziativa del Quotidiano non metta in dubbio questo, né voglia caratterizzarsi per una semplice comparsata. E’ un’iniziativa intelligente e coinvolgente che deve essere allargata al mondo delle scuole. Sarebbe bello che il soprintendente regionale scolastico, di concerto con il ministro, consentisse a tutti gli studenti, dalle scuole elementari in poi, di partecipare sabato prossimo alla manifestazione. Proprio nei bambini e negli adolescenti questi sentimenti di ribellione categorica alla violenza brutale possono lievitare ed essere la base per capire domani la differenza marcata fra il sudarsi il pane con un lavoro onesto e nobile e accedere a guadagni facili che portano alla distruzione di sé. In una società che esalta indirettamente miti televisivi negativi e che fa dell’arroganza e dell’autogiustizia quasi una sorta di valore, sarebbe un bell’esempio. Vedere giovani contaminati da una cultura della legalità è un modo per non chiudere agli addetti ai lavori una proposta intelligente e meritevole di attenzione.

*avvocato penalista

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