X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

«Sappiamo che Di Landro è qui. Siamo pronti a colpirlo»: è questo il contenuto di due telefonate fatte lunedì sera ai carabinieri e alla polizia di Reggio Calabria, in cui si faceva riferimento alla presenza in ospedale, per una visita a un parente che aveva avuto un incidente, del procuratore generale Salvatore Di Landro. Le telefonate hanno fatto scattare l’allarme, con l’attivazione del sistema di sicurezza e l’allontanamento immediato del magistrato dall’ospedale, accompagnato dalla sua scorta. Sull’episodio hanno avviato indagini i carabinieri.Un ennesimo episodio di minacce dunque all’indirizzo del procuratore Di Landro; il primo episodio risale al 2 gennaio scorso, quando un ordigno fu fatto esplodere davanti all’ingresso degli uffici della Procura generale. Successivamente persone non identificate sabotarono l’automobile di servizio di Di Landro, allentando i bulloni di una ruota. L’ultima intimidazione è accaduta nella notte tra il 25 e 26 agosto scorsi, quando fu fatto esplodere un ordigno davanti al portone dell’abitazione del procuratore generale. Su tutte le intimidazioni a Di Landro sta indagando la Procura della Repubblica di Catanzaro, competente sui fatti riguardanti i magistrati di Reggio Calabria.

PIGNATONE: “INDAGINI IN CORSO, PRESTO I RISULTATI”
Sulle bombe a Reggio Calabria contro i magistrati antimafia «ci sono indagini in corso e presto ci saranno risultati». Giuseppe Pignatone, Procuratore antimafia di Reggio Calabria spiega, davanti l’Antimafia, che «la Procura sta lavorando a 360 gradi. La nostra collaborazione con la Procura di Catanzaro è piena. Abbiamo subito trasmesso ogni spunto utile. Ho dato disposizione ai carabinieri di trasmettere subito ogni elemento utile, anche senza avvertirmi. Ci sono state anche indagini che non hanno avuto esito ma tutti gli elementi emersi, anche dalle intercettazioni, sono stati trasmessi».
Pignatone ha detto anche che alla sua Procura «non interessano gli articoli dei giornali ma di fare dei processi con delle ragionevoli possibilità di condanna». «Alla stampa, che fa il suo dovere, sono state passate delle carte da ufficiali di polizia giudiziaria infedeli che hanno nociuto all’indagine in corso. Tra i molti dati forniti, uno in particolare: a Rosarno, su 15.000 abitanti ci sono 2.540 aderenti alla ‘ndrangheta che non è più solo quella delle lupare».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE