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CONCUSSIONE. Questa l’accusa con cui è stato arrestato il pubblico ministero della procura di Taranto Matteo Di Giorgio, nell’ambito dell’inchiesta “Catalano”, dal nome dell’imprenditore, che rischiava il sequestro del suo villaggio turistico, e che era sotto scacco da parte del pm. Il magistrato – che è agli arresti domiciliari – è stato arrestato, dai carabinieri del Comando provinciale di Potenza, al termine di un’inchiesta avviata circa due anni fa. Gli uomini dell’Arma hanno cominciato ad indagare dopo una serie di denunce presentate da alcuni cittadini che si ritenevano danneggiati dal magistrato. Il sostituto procuratore, infatti, stando a quanto trapelato negli ambienti investigativi «abusando della sua qualità di pubblico ministero» avrebbe minacciato «di un male ingiusto un consigliere comunale di Castellaneta, costringendolo a sottoscrivere le proprie dimissioni». Dimissioni che avrebbero poi determinato lo scioglimento del consiglio comunale. Con lo scioglimento del consiglio Di Giorgio avrebbe assunto «il ruolo di leader» politico riuscendo anche a condizionare le scelte e gli esiti «degli scrutini elettorali». Di Giorgio avrebbe anche intimorito un imprenditore di Castellaneta facendogli capire, senza mezzi termini, che senza il suo intervento, un collega magistrato avrebbe provveduto a mettere sotto sequestro un villaggio residenziale di proprietà dell’uomo sul quale stava indagando un collega della Procura di taranto. Ma non è tutto. Nel corso di alcune indagini che stava conducendo su un giro di usura essendosi imbattuto nel nome di un parente, avrebbe convinto una delle vittime dello strozzinaggio a non denunciare il suo aguzzino proprio in virtù del “legame di sangue”. Dulcis in fundo, in concorso con alcuni amministratori e dirigenti del Comune di Castellaneta, ma anche con la “complicità” di Giovanni Coccioli, 48 anni, e Agostino Pepe – un trentasettenne dipendente dell’azienda sanitaria locale di Taranto – avrebbe consentito al gestore di un bar, completamente abusivo e privo di autorizzazioni amministrative ed edilizie, di proseguire nella sua attività. A Giovanni Coccioli e ad Agostino Pepe i Carabinieri di Potenza hanno notificato il divieto di dimora nel comune di Castellaneta.
Le indagini sono state coordinate dalla dal sostituto procuratore della Repubblica di Potenza, laura Triassi – Potenza è competente sui magistrati del distretto della Corte di Appello di Lecce – mentre i provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari, Gerardina Romaniello.
Nel 2001 Di Giorgio fu parte offesa in un’inchiesta nell’ambito della quale finì agli arresti domiciliari l’ex senatore dei Ds, Rocco Loreto, che all’epoca era stato anche sindaco di Castellaneta . L’ex senatore, poi rinviato a giudizio, era accusato di aver calunniato Di Giorgio, il quale aveva inviato alcune inchieste sulla sua attività di sindaco del Comune jonico.
La Procura della Repubblica di Potenza indagò prima su alcune accuse rivolte da Loreto a Di Giorgio. Avendole trovate infondate, l’allora pm del capoluogo lucano, Henry John Woodcock, indagò Di Giorgio per calunnia contro l’ex senatore.
Nessun commento è giunto da parte del procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio sull’arresto del suo sostituto. Il provvedimento ha provocato sorpresa e clamore negli ambienti giudiziari tarantini.
Mentre, infatti, era ancora in corso l’udienza del tribunale del Riesame sul ricorso per Sabrina Misseri, il pm Ida Perrone è arrivata di corsa dinanzi all’ingresso dell’aula, invitando un carabiniere a riferire che voleva parlare urgentemente con il procuratore aggiunto Pietro Argentino. Pochi minuti dopo, giunta la sospensione dell’udienza del tribunale del Riesame, lo stesso Argentino e successivamente il procuratore Franco Sebastio e il pm Mariano Buccoliero sono usciti dall’aula recandosi nei rispettivi uffici al terzo piano, tra la ressa di fotografi e operatori televisivi. Tra le inchieste più importanti condotte dal pm Di Giorgio c’è quella sugli appalti al Comune di Castellaneta che sfociò in arresti eccellenti agli inizi del 2000. L’allora sindaco della città di Valentino, Rocco Loreto, all’epoca anche parlamentare, si sentì perseguitato e presentò un dossier contro Di Giorgio alla procura di Potenza che però si rivelò un boomerang. Loreto fu arrestato per concussione ai danni di Di Giorgio e violenza privata nei confronti di un imprenditore. Lo stesso Loreto si rivolse più volte al Csm per sollecitare un’ispezione alla procura di Taranto e fece riferimento nel suo dossier di 131 pagine a rapporti che definiva «anche abbastanza evidenti e chiacchierati» del magistrato «con personaggi politici di cui appare come punto di riferimento a Palazzo di Giustizia». Di Giorgio istruì un’inchiesta su una presunta associazione mafiosa di Palagianello e subì anche tre attentati intimidatori. Tra le indagini più significative c’è anche quella sfociata nel blitz antidroga ‘Vip’.
al.g.
a.giammaria@luedi.it

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