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di RITA COMMISSO
“La giovanissima Noemi che esprime i suoi desideri considerandoli equivalenti e scambiabili: fare la ballerina, l’attrice o la parlamentare, consegnandosi completamente al potente di turno pur di arrivare al successo…” “ebbene Noemi .. è destinata a diventare il modello generale di riferimento?…”. E ancora :“una domanda è ricorrente: il femminismo ha fallito e le giovani donne preferiscono ritornare a consegnare i loro corpi e le loro vite a uomini potenti diventandone prede?” Parte così “Care ragazze” il libro di Vittoria Franco che è stato presentato nei giorni scorsi nei locali del Caffè letterario a Catanzaro, indirizzato in particolare alle giovani, alle giovanissime. Partendo da questi preoccupati interrogativi ma con la consapevolezza che esiste una bella realtà fatta dai successi di tantissime ragazze nella scuola e all’università, dal loro desiderio di raggiungere i livelli piu’ alti nelle professioni, l’autrice traccia un “promemoria” sul cammino fatto e nel contempo indica una traccia per il futuro che riguarda tutte noi donne ma soprattutto loro, le ragazze di oggi che, come dice la Franco, soprattutto nella fase della formazione, pari come sono nel gruppo, uguali nella scuola, non vedono alcun elemento di discriminazione. Ma – e qui il promemoria è soprattutto bisogno di comunicazione tra generazioni diverse – quello che appare oggi elementare, acquisito, scontato, è bene che si sappia che è il frutto di una lunga guerra di trincea dentro un mondo ordinato dal pensiero maschile. Spesso, a questo proposito colpiscono le citazioni cui ricorre l’autrice, come quelle riferite a Jean Jacques Rousseau il cui pensiero ovunque è associato all’idea di libertà, di uguaglianza, di ragione e che, purtuttavia, è il precursore dell’ “ordine binario” e quindi teorico dell’esclusione della donna dalla cittadinanza e della democrazia come attività esclusivamente maschile. Oppure quella che riguarda Kant, il più grande filosofo della modernità che sosteneva: “il bel sesso ha tanta intelligenza quanto quello maschile; solo che si tratta di un’intelligenza bella, mentre la nostra deve essere un’intelligenza profonda”. Per non parlare poi della rivoluzione francese durante la quale Olympe De Gouges avvertì il bisogno di formulare una ” dichirazione dei diritti della donna e della cittadina”. Pur se dentro questa landa ostile si e’ fatto tanto cammino, non solo in termini di diritti affermati, a partire dal 1946 per arrivare al 2009 (legge sullo stalking) ma anche in termini di pensiero, passando dall’emancipazione alla differenza come valore e ponendo come nuova frontiera della libertà femminile l’affermazione della democrazia paritaria . Il problema è che – è questo il rovello della Franco – che di acquisito non c’è niente, che i diritti hanno una dimensione storica, che possono diventare ineffettivi e, pure, perdersi da qui il bisogno dell’autrice di rivolgersi alle ragazze, non per fare maternage ne’ tantomeno per passare il testimone ma per sottolineare quanto sia importante che esse siano soggetti attivi, che sempre meglio si dotino di strumenti per riconoscere le varie forme con cui ancora si tenta di ricacciare la donna in ruoli tradizionali, che sempre più trovino le parole per darsi identità e rappresentazione.

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