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di ANTONIO ROMANO
Per una volta nessun riferimento alle chiacchiere da salotto televisivo, ai temi dell’alta politica. Vorrei dare voce invece alle “chiacchiere” da bar, da marciapiedi, da struscio della gente comune, non titolata. Emerge una situazione di sofferenza della gente di Basilicata, che è evidente e palpabile, pur se sorprendente. E non si può non convenire: lo stato di salute dei lucani purtroppo non è per nulla soddisfacente, questa terra è ormai da decenni un’eterna promessa. Una situazione che ha quasi dell’incredibile. Non si può non essere preoccupati ed anche incavolati, se permettete, se si osservano e valutano con oggettività e non con l’occhio della tifoseria politica di parte le cose lucane e lo stato dello sviluppo economico del territorio. Alcuni dati sono significativi e non lasciano spazio a dubbi interpretativi di sorta. La popolazione: quota seicentomila, anno dopo anno, si allontana sempre più. I lucani continuano a far le valigie (non saranno più quelle di cartone con chiusura garantita dallo spago, ma il risultato non cambia). In auto, in pullman o forse in treno (poco probabile con quel che costano e per come funzionano dalle nostre parti), ma di sicuro con la morte nel cuore, sono tanti i giovanissimi che dopo il diploma di Scuola Superiore partono per proseguire gli studi presso l’Università in altre regioni; così come sono tanti gli adulti che lasciano questa terra in cerca di fortuna (leggi opportunità di lavoro) altrove. Via dunque la parte migliore, le forze giovani e lavorative, via i cervelli della società lucana, via interi nuclei familiari. E, quel che è peggio, a parte rare eccezioni, sono partenze senza ritorno. I comuni lucani si spopolano, una decimazione che sembra inarrestabile, una crescente povertà di residenti che solo in parte l’immigrazione dall’est europeo e dall’Africa riesce a compensare. Tante le porte chiuse nei nostri paesi, che finiscono per riaprirsi in estate, una volta all’anno, quando gli emigrati ritornano magari per una breve vacanza. In media duemila partenze all’anno. Qualcuno a mezza bocca, citando Renzo Arbore, dice che “meno siamo meglio stiamo”. Ma non è così: non è un bel vivere quando i figli sono altrove, quando la famiglia è divisa dalla lontananza. Perché, Presidente De Filippo, non si riesce ad arrestare questa emorragia che impoverisce sempre più il territorio lucano? Le risorse ci sono, la nostra è una terra baciata dalla natura: acqua, petrolio, due mari con delle coste variegate, clima ideale, boschi, laghi, fiumi, montagne innevate. C’è ogni ben di Dio. L’acqua: per decenni sotto il potere amministrativo dell’Acquedotto Pugliese, si è atteso come una manna e si è creduto nell’Acquedotto Lucano. Il suo avvento non ha tuttavia recato alcun beneficio alla popolazione: l’oro blu ci costa probabilmente anche più di prima. Il petrolio: la Basilicata è la provincia d’Europa più ricca di petrolio, ma i rigogliosi pozzi di oro nero, le tante trivellazioni, se hanno cambiato in peggio l’aria che respiriamo e l’ambiente in cui viviamo non hanno posto tuttavia un serio freno alla disoccupazione giovanile, che continua a viaggiare purtroppo a livelli elevati, intorno al 38,3%, ben oltre la media nazionale. E le scarse risorse che ne derivano sono a beneficio di pochi comuni, che le sperperano rinnovando la veste di centri storici sempre più disabitati, vere cattedrali nel deserto. Il turismo: i pendii del Pollino, del Sirino, del Volturino in autunno-inverno sono mete di turisti dalla Puglia in particolare; le spiagge sabbiose del Metapontino e la perla Maratea in estate sono invase da un flusso sempre più consistente di vacanzieri. Perché, Presidente De Filippo, neppure tanta ricchezza riesce a spegnere l’atavica sete di lavoro della nostra gente in eterna sofferenza? Innamorati della loro terra, consapevoli delle notevoli risorse che il buon Dio ha voluto porre in questo lembo del Bel Paese, i lucani guardano al presente e si pongono queste domande. Con angoscia. Increduli. C’è una spiegazione a questo paradosso? Tante le ipotesi che si affacciano alla mente. C’è qualcosa che non è andato per il verso giusto nella politica regionale? C’è qualcosa che non va nella nostra cultura? I lucani hanno forse meno capacità dei connazionali nordici? E’ la creatività che ci fa difetto? O forse è carente l’iniziativa, lo spirito d’impresa? Ci siamo cullati nell’assistenzialismo della politica? E se così fosse, perché la politica non ha posto in essere correttivi formativi, incentivando a intraprendere piuttosto che assistere? Tante ipotesi. E il lucano ancora soffre e spera. Fa bene a sperare o a rassegnarsi, Presidente De Filippo? Un’ultima cosa: tv e giornali hanno informato che il governo regionale ha partorito le nomine dirigenziali presso circa duecento enti (il numero, confesso, mi ha fatto sobbalzare dalla sedia). Siamo sicuri che molti dei medesimi non siano enti inutili e dannosi, Presidente?

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