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di LOREDANA FRANCINI*
Analizzare la storia delle Regioni Italiane vuol dire discutere intorno alla teoria e alla pratica della democrazia, perché l’esperimento delle regioni italiane contiene insegnamenti di significato universale. Alcuni rimedi come il progresso economico o la riforma delle istituzioni pubbliche, per quanto necessari non sono sufficienti ad assicurare la salute della democrazia italiana. Al centro dell’indagine si trovano due elementi critici: il primo è la decentralizzazione del potere e il secondo è il risvegliarsi dell’impegno civile. Il successo delle riforme politiche è, in ultima istanza, nelle mani dei normali cittadini italiani che risiedono in migliaia di comunità locali; il Sud è in ritardo non perché i suoi cittadini sono malvagi, ma perché sono intrappolati in una struttura sociale e in una cultura politica che rende difficile e addirittura irrazionale la cooperazione e la solidarietà. Anche un individuo che sia dotato di molto senso civico, se è posto in una società priva di senso civico, è destinato a comportarsi in modo non cooperativo, ad agire con egoismo e diffidenza. Un’efficace riforma politica nel Sud, avrà sicuramente una dimensione morale, ma deve aver di mira innanzi tutto la trasformazione della società, la sostituzione dei legami verticali di sfruttamento e di dipendenza con quelli orizzontali di reciproco aiuto, collaborazione e fiducia; importante è anche la forza d’inerzia del passato, dei circoli virtuosi che rinsaldano le tradizioni sociali, economiche e politiche. Politiche pubbliche migliori devono costruire non soltanto il capitale fisico, ma anche il capitale sociale cioè un tessuto e delle regole d’impegno civile. Il denaro è necessario ma non sufficiente per l’autentico sviluppo del Sud; non sarà facile costruire il capitale sociale, ma è la chiave per far funzionare la democrazia; analizzare il rendimento delle istituzioni democratiche e verificare con quale misura il successo delle istituzioni dipende dal contesto sociale, economico e culturale in cui operano, oppure analizzare se la qualità della democrazia dipende dal senso civico dei cittadini. Rispondere a queste domande vuol dire fare un’analisi critica delle regioni fino a esplorare la natura della società civile e dell’impegno sociale, e ristudiare il Medioevo. L’Italia dal 1861 in poi è stata governata da una struttura amministrativa centralizzata sul modello di quella francese napoleonica. Le Regioni erano molto diverse fra loro, i contesti sociali, economici, politici e culturali differivano da una regione all’altra in modo drammatico. Il Veneto e l’Emilia Romagna avevano nel ‘70 un andamento economico quasi uguale, anche se il Veneto era profondamente cattolico, mentre l’Emilia Romagna costituiva il germoglio di quella “cintura rossa“ dell’Italia centrale che era stata amministrata dai comunisti dal 1945 in poi. Alcune regioni avevano ereditato politiche clientelari risalenti al feudalesimo. Altre erano state trasformate dalle massicce ondate di emigrazione che avevano assalito la Penisola durante il boom economico negli anni Cinquanta e Sessanta. I nuovi istituzionalisti concordano su due punti essenziali: 1. Le istituzioni forgiano la politica 2. Le istituzioni sono forgiate dalla storia. La storia conta poiché è legata al percorso compiuto: “ciò che avviene prima condiziona ciò che viene dopo. Gli uomini possono scegliere le istituzioni, ma non le scelgono nelle condizioni da loro stessi create e la scelta che compie influisce a sua volta sulle regole all’interno delle quali chi verrà dopo da loro sceglierà”. Bisogna chiedersi quali sono gli elementi del contesto sociale che incidono più profondamente sulla performance istituzionale. Per istituzioni politiche si intendono le regole del gioco, ovvero l’insieme delle procedure che regolano il processo decisionale collettivo. “Successo” significa mettere gli attori in grado di risolvere le loro divergenze nel modo migliore, le istituzioni sono strumenti per raggiungere degli scopi, non solo per arrivare a degli accordi. Il cittadino esige che i governi non soli prendano decisioni ma le mettano in pratica. Le istituzioni devono agire. Sulla dinamica del rendimento istituzionale esistono tre correnti di pensiero: 1. Mette l’accento sul modello istituzionale, quale strumento essenziale per migliorare il rendimento. 2. Ha richiamato l’attenzione sui fattori socio economici (Aristotele.) 3. Importanza dei fattori socio culturali. Platone affermava che i sistemi politici variano secondo la natura dei cittadini . (Alexis de Tocqueville “La democrazia in America”). Altrettanto utile è l’analisi statistica che permette di paragonare molti casi contemporaneamente, e l’analisi storica come complemento necessario ai metodi antropologici e comportamentali. La comunità civile è contraddistinta da una cittadinanza attiva, dotata da una forte coscienza sociale, da egualitarismo politico e da un’organizzazione sociale che è frutto di fiducia nel prossimo e di cooperazione. Perché alcune regioni hanno un maggior senso civico di altre? Per rispondere a questa domanda bisogna ritornare a circa un millennio fa, quando due regimi dalle caratteristiche istituzionali opposte si insediarono in Italia: una potente monarchia al Sud e una miriade di repubbliche comunali al Centro e al Nord. In conclusione sarà importante soffermarsi sull’influenza delle riforme istituzionali sulla vita politica reale e sui potenti condizionamenti imposti dalla storia e dal contesto sociale al buon funzionamento delle istituzioni. Solo così saremo capaci di inquadrare le sfide da affrontare.

*Docente di filosofia

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