X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

di DON ENNIO STAMILE*
Abbiamo archiviato il Natale e, come ogni anno, i botti ed i cenoni hanno contrassegnato la festa. Milioni di euro bruciati nel solito e banale rito effimero che è diventato, ormai, il trend della nostra discutibile vita festaiola. Discutibile rispetto a quel Bambino nato nella mangiatoia che a soli 33 anni “abbiamo” inchiodato innocente su una croce con inaudita cattiveria e assurda ingiustizia che, invece, dovrebbe rappresentare, per tutti, uno straordinario parallelo con la stragrande maggioranza delle popolazioni del mondo che si dibattono tra fame, dolore e miseria. Eppure, anche quest’anno abbiamo peccato del solito “sano” egoismo, nelle nostre case riscaldate tra inutili regali e cibo in abbondanza, senza considerare che gli avanzi dei nostri cenoni avrebbero sfamato milioni di bambini, quelli ossuti, tristi e sofferenti dei quali, di tanto in tanto, i media trasmettono le immagini e che spesso ci costringono a cambiare canale, perché è troppa la pena, anzi l’orrore. Nonostante il superfluo non siamo felici e soddisfatti, anzi, soffriamo di mali oscuri, cartina di tornasole della nostra società opulenta e malata. Potremmo, invece, con un sussulto di umanità che è racchiusa nel cuore di ognuno di noi, anche se in molti casi allo stato latente, riscoprire i valori della sobrietà, della solidarietà e dell’uguaglianza e, se solo lo volessimo potrebbero diventare la colonna portante della nostra esistenza. I mali oscuri di cui soffriamo e che ci tormentano, sparirebbero come d’incanto, affrancando dalla fame un bambino indigente, assicurandogli una vita dignitosa, l’istruzione, il futuro; in sentesi una “terapia miracolosa” della solidarietà e dell’amore con la duplice funzione di guarire noi stessi e, contestualmente, aiutare il nostro prossimo sofferente. Donare è gioia allo stato puro, soddisfazione assoluta, il bene estremo, il senso autentico della vita. Concludo, dando la parola all’indimenticato vescovo di Molfetta don Tonino Bello che in un Natale di qualche anno fa disturbava con i suoi “auguri scomodi” i fedeli della sua diocesi «Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avete dato ospitalità ad uno sfrattato, a uno straniero, ad un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, il progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate (…) I Pastori che vegliano nella notte, facendo la guardia al gregge, e scrutano l’aurora vi diano il senso della storia, l’ebrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio (…) Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza».

*Delegato regionale Caritas Calabria

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE