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COSA cambierebbe per lo stabilimento lucano nel caso in cui il modello Mirafiori venisse esportato anche a Melfi? Per la fabbrica di San Nicola, che vanta importanti successi celebrati più volte dallo stesso Marchionne, l’ipotesi ha una valore simbolico, oltre che di contenuto. Nata come newco nel 1993 già con un contratto in deroga, ha precorso i tempi, anticipando largamente quello che sarebbe accaduto a Pomigliano. Ma la Sata è anche la fabbrica passata alla storia del movimento operaio, per la famosa “lotta dei 21 giorni” che portò a cancellare proprio quei fattori di discriminazione rispetto ai colleghi altri stabilimenti del gruppo.

Azienda “modello”, che fino a ora ha reagito meglio alla crisi delle vendite, con numerosi successi conseguiti negli anni, celebrati anche dallo stesso Marchionne, di sacrifici ne ha fatti già molti. Si lavora su 17 turni, e per alcuni aspetti le condizioni di lavoro non sono così diverse da quelle in vigore a Pomigliano e Mirafiori: come la pausa pranzo a fine turno o la chiusura dello stabilimento nei giorni del voto per combattere gli effetti dell’assenteismo. Solo che a Melfi un referendum non c’è mai stato. E se gli operai venissero chiamati oggi al voto sarebbe difficile prevederne il risultato. Bisognerebbe, a esempio, tener conto del fatto conto che le ultime elezioni per il rinnovo della rsu hanno consacrato la Fiat come primo sindacato. In termini di rappresentanza sindacale questo avrebbe delle conseguenze precise. Per molti, comunque, l’ipotesi, se attuata, rappresenterebbe un sostanziale ritorno al passato.

Ed è per questo che nell’immediato le parole dell’amministratore delegato non sembrano aver trovato il favore degli oltre 5.000 dipendenti. Dal presidio della Fiom davanti al tribunale di Melfi, dove era in corso l’udienza della causa di reintegro dei tre operai licenziati dalla Fiat, la reazione del segretario lucano, Emanuele De Nicola è netta: «Melfi è già uno stabilimento modello. Non abbiamo bisogno di recuperare competitività in questo modo. E non accetteremo una ulteriore limitazione dei diritti dei nostri operai».

Il leader dei metalmeccanici della Cgil ricorda anche che «a Melfi gli impianti vengono utilizzati solo in percentuale limitata, e questo perché le vendite non sono sufficienti». Non un problema di competitività, dunque, ma di mercato.
E ancora che «circa il 50 per cento dei lavoratori in questi anni ha riportato limitazioni fisiche. Solo nell’ultimo anno sono stati 300 in più i nuovi casi, proprio a causa dei ritmi di lavoro». «La competitività – insiste De Nicola – non può essere giocata esclusivamente sulla pelle dei nostri operai che hanno già dato il massimo». Di tutt’altro tenore, invece, l’intervento dei segretari di Uil eUilm, Carmine Vaccaro e Vincenzo Tortorelli.

«I nostri operai -commentano a caldo – non hanno nulla da temere ». Per i due sindacalisti ogni confronto in tal senso dovrà avvenire contestualmente a due aspetti: organizzazione del lavoro e nuovi investimenti finalizzati al secondo modello a Melfi e all’avvio dell’atti – vità di ricerca del campus tecnologico. Da Uilm e Uil anche un attacco alla politica «troppo autoreferenziale e litigiosa».

Dal segretario della Fim Cisl, Antonio Zenga, un monito: «Le relazioni industriali si fanno coi sindacati non sui giornali». «Più che estendere il modello Mirafiori a Melfi – continua – mi sembra che stia accadendo l’esatto contrario: è la Sata di Melfi che per produttività e organizzazione del lavoro si sta imponendo come modello industriale per tutto il gruppo Fiat». E a chi attacca l’accordo di Mirafiori sulla clausola che limiterebbe lo sciopero, Zenga risponde: «La Fiom come al solito racconta bugie per giustificare il suo fallimento». Zenga esprime poi un giudizio positivo sull’apertura di Marchionne sulla partecipazione agli utili da parte dei lavoratori. Chiede, invece, di aprire con urgenza le trattative per Melfi, il segretario dell’Ugl metalmeccanici, Giuseppe Giordano.

Nel frattempo il governatore lucano, Vito De Filippo, assicura «staremo attenti e vigileremo sul come giocare al meglio questa partita».
Sul piatto la posta è quella degli investimenti. Secondo le previsioni di Marchionne “Fabbrica Italia” comporterebbe per lo stabilimento lucano quasi un raddoppio della produzione. A quali condizioni lo si capirà nelle prossime settimane.

Mariateresa Labanca

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