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POTENZA – Sono in carcere da ieri pomeriggio Roberto Macori, 40enne romano, e Aniello “Daniele” Barbetta, 23enne di Rionero.

Lo hanno disposto i pm di Roma Giuseppe Cascini e Paolo Ielo titolari delle indagini sull’omicidio di Silvio Fanella, il 41enne ucciso la scorsa settimana durante un tentativo di sequestro finito male nell’appartamento della cugina, in via della Camilluccia, un quartiere borghese della capitale.

Per i magistrati ci sono «numerose similitudini» ed «evidenti collegamenti» con il tentativo di sequestro di Fanella, considerato il cassiere di Gennaro Mokbel. Un tentativo sventato dai carabinieri ad agosto del 2012. In particolare, il ruolo di due «finanzieri» (veri o presunti tali): una coincidenza tanto più importante se si pensa che era l’unico dettaglio rimasto a conoscenza soltanto degli addetti ai lavori – oltre che degli autori del primo tentativo di sequestro – dopo le notizie apparse a fine maggio sul Quotidiano della Basilicata.

Per gli inquirenti ci sarebbe un filo rosso tra quanto accaduto. A partire dal movente che in entrambi i casi sarebbe stato il desiderio di impossessarsi del “tesoro” di Fanella: 34 sacchetti di diamanti, vari orologi preziosi più 284 mila dollari e 118mila euro in contanti nascosti nelle scatole di gelato. Una fortuna scoperta soltanto dai militari del Ros dei carabinieri poche ore dopo l’omicidio, “setacciando” la casa di campagna della vittima.

Per Macori e Barbetta l’accusa è di tentativo di sequestro, ma un decreto di fermo simile è stato notificato in carcere anche a Giovanni Plastino, 36enne di Rionero considerato un esponente del clan melfitano dei Cassotta che sta già scontando una condanna definitiva per associazione mafiosa ed estorsione.

Sarebbe stato Plastino ad agganciare Macori in carcere nel 2010, e a reclutare Barbetta due anni dopo per il colpo nella capitale assieme a un «Roman», che i carabinieri di Potenza al comando del capitano Antonio Milone hanno identificato con certezza in Roman Mecca, 21enne sempre di Rionero, a differenza degli colleghi romani.

«L’azione del 3 luglio scorso – è scritto nel provvedimento – è stata compiuta, come quella del 2012, da persone, armate e munite di fascette per immobilizzare la vittima, che hanno esibito al portiere dello stabile un tesserino di riconoscimento falso della Guardia di finanza». In occasione del tentato sequestro «un commando composto da almeno sei persone, due delle quali finanzieri o sedicenti tali – è ricostruito nel provvedimento di fermo – con tre auto, armate si è appostato per ore sotto l’abitazione a Roma della casa della madre della vittima, dinanzi al bar solitamente frequentato dallo stesso, attendendo che si allontanasse a bordo del suo motociclo per fermarlo e caricarlo con la forza su una delle auto».

Ma in una conversazione registrata nell’auto di Barbetta Plastino la racconta in maniera diversa, spiegando che i «finanzieri» coinvolti avrebbero «simulato un regolare arresto».

«Quella è un’operazione della finanza… Compa’ quello va con il mandato di cattura la… forse non hai capito! Quelli ci mettono le manette i finanzieri… E’ un’operazione… Ci fanno vedere il tessino».

Queste le sue parole, che ricalcano quasi alla perfezione i fatti della scorsa settimana, quando i killer – così scriveva ieri mattina il Tempo – avrebbero lasciato dietro di loro anche «alcuni fogli con intestazione della Guardia di finanza».

 Il fermo eseguito dai militari del nucleo operativo di Melfi e del Ros di Potenza e Roma potrebbe rivelarsi un passaggio determinante per acciuffare i due fuggitivi che dopo il conflitto a fuoco hanno fatto perdere le proprie tracce.

Intanto nel tardo pomeriggio di ieri i pm si sono recati al policlinico Gemelli dove è ricoverato Giovanni Battista Ceniti, il 29enne di Genova accusato dell’omicidio. Il giovane si è sostanzialmente avvalso della facoltà di non rispondere limitandosi a dire che alla Camilluccia «non era andato armato né con l’intenzione di sparare. Per dimostrare ciò sono pronto a sottopormi a qualsiasi tipo di accertamento tecnico scientifico come lo stub e guanto di paraffina».

Se Macori e Barbetta saranno più loquaci l’omicidio del cassiere di Mokbel potrebbe essere davvero a una svolta.

l.amato@luedi.it

 

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