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IL TERMINE DANDY nasce a fine diciannovesimo secolo in Inghilterra (dal movimento culturale “Dandismo”) per indicare i lord che intendevano la propria vita come un’opera d’arte e si differenziavano dalla masse borghesi scegliendo un abbigliamento raffinato, elegante e ricercato.
Se però dovesse capitarvi di vedere oggi qualcuno che indossa papillon, fiori all’occhiello o fazzoletti da taschino in stile dandy, non siete tornati indietro nel tempo ma di fronte alle creazioni di Armando Capitanio. Potentino, 36 anni, appassionato di moda, come mostra anche il suo look stiloso, è l’ideatore di “Re/Dandy” (Recycled Dandy), un progetto che lui stesso definisce “contributo all’eccentrica bellezza”, seguendo però l’etica del riciclo.

Armando, prima di dedicarti a Re/Dandy, cosa succedeva nella tua vita da studente o da lavoratore?

«Ho lasciato a metà il percorso di studi universitario in Economia Aziendale per iniziare a lavorare come venditore, anche all’interno di gallerie d’arte. Poi, nove anni fa, sono diventato socio di un’agenzia viaggi a Potenza, dove lavoro ancora, ma la passione per la moda non mi ha mai abbandonato».

Come si è accesa in testa un’idea del genere?

«Per puro caso, come succede spesso per i progetti più belli. Una domenica di dicembre del 2012 ho poggiato un papillon su un vecchio paio di jeans e, dopo averlo osservato per qualche secondo, ho iniziato a immaginare quel papillon fatto con quei jeans. Ho ritagliato la forma e da lì è cominciato tutto: creare degli accessori moda particolari nell’aspetto ed ecosostenibili perché fatti recuperando pezzi di tessuto non più utilizzati, quindi riciclabili».

E come nasce una creazione Re/Dandy?

«È una specie di “colpo d’occhio che ho spesso mentre sono seduto a terra tra spezzoni di tessuto. Faccio un disegno in testa di come possono essere accoppiati e poi passo alla fase di creazione pura di pezzi unici, grazie all’aiuto di una cara amica di famiglia».

Re/Dandy oggi è ancora un’idea, visto che non esiste uno store fisico o virtuale, ma che sta viaggiando sul web con un sito e degli account social. Che riscontri hai?

«Diciamo che il sito e i social network mi stanno aiutando a testare il mercato e a scoprire nuovi trend: per esempio non pensavo che i fiori all’occhiello potessero piacere anche dalle donne. I feedback sono positivi, anche grazie al passaparola. Sono riuscito a vendere qualche pezzo con il regime del commercio occasionale e le continue richieste di utenti Instagram da tutto il mondo su come e dove acquistare le mie creazioni mi stanno spingendo a trasformare l’idea in qualcosa di più concreto e redditizio».

Quanto manca quindi al grande passo che ti trasformerà da appassionato di moda a imprenditore?

«Direi davvero poco perché mi sono reso conto che sono felice solo quando creo. E’ arrivato il momento di smettere di considerare questa idea un gioco e di mettersi in gioco!»

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