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LA discussione sullo Statuto regionale cade alla vigilia di un triennio (2016-2018) determinante per il futuro stesso della Basilicata, non solo in relazione a programmi e pratiche attuative del suo percorso di approdo al 2019 quale credibile baricentro culturale europeo, ma anche in rapporto alle certo assurde, ma persistenti, proposte di riconfigurazione dell’attuale sistema regionale italiano, che la vedrebbe addirittura “smembrata e cancellata”.

A fronte di ciò, risulta oggettivamente “inadeguato” sul piano istituzionale e di “corto respiro culturale” l’attuale testo di Statuto regionale in discussione per l’approvazione finale, peraltro rappresentato come “epocale”, evidentemente nell’ottica dell’arco temporale della sua “gestazione”, non certamente rispetto agli orizzonti, alti e di qualità, che dovrebbe, invece, caratterizzare, in questa “delicata”  e determinante fase, la Carta d’identità di una regione come la Basilicata.

Ancor più considerando il peso di quanto fino ad anni recenti ha connotato (essenzialmente fuori da sedi e circuiti scientifici) la percezione “esterna” della nostra regione, in conseguenza di disinvolte rappresentazioni quale realtà dalla “debole ed indefinibile identità”, quando non del tutto “chiusa e immobile”, talora addirittura “negata alla storia”.

Per non dire, in tale ottica, dei madornali “equivoci” causati da usi “disinvolti” ed “anomali”, perché non dovutamente storicizzati, della stessa denominazione regionale (per molti ancora indifferentemente Lucania o Basilicata).  Ed, al riguardo, per riportare un solo esempio, nell’attuale testo di Statuto, si giunge persino ad indicare la denominazione degli abitanti, ma facendo unicamente riferimento a “lucani” e non anche a “basilicatesi”, che peraltro dovrebbe essere ovvia conseguenza linguistica dell’unico nome della regione,“ Basilicata”, presente nella Costituzione della Repubblica Italiana.

Si tratterebbe di una vistosa “anomalia” rispetto a tutte le altre attuali regioni d’Italia (Sicilia, siciliani; Calabria, calabresi, Puglia, pugliesi; Abruzzi, abruzzesi; Piemonte, piemontesi, ecc…).

Ma, si può, tanto più in una fase come questa, “autodelegittimarsi” addirittura nella rappresentazione e, conseguentemente,  nella percezione delle denominazioni?

Con un po’ di buon senso, ci si potrebbe fermare (pur rispetto all’attuale testo) al solo riferimento alla regione (Basilicata, anticamente Lucania). Voler, invece, indicare, e per Statuto, anche la denominazione degli abitanti, ma con l’unico riferimento a “lucani” e non anche a “basilicatesi”, sarebbe davvero una madornale “leggerezza”! Ancor più considerando che la stessa città di Matera, capitale europea della Cultura per il 2019, è in Basilicata dal 1663, né rientrava nell’ambito territoriale dell’antica Lucania.

Obiettivo portante, oggi, di una Carta Statutaria all’altezza dei tempi ed in sintonia con gli indirizzi della Carta Costituzionale, dovrebbe essere quello di consolidare ed irrobustire, a partire da principi e valori, gli elementi caratterizzanti il profilo storico-identitario della Basilicata. Di una Regione che, dalla configurazione territoriale-identitaria dell’antica Lucania e dei lucani a quella della Basilicata e dei basilicatesi, è stata, nella processualità storica, espressione viva di incroci di civiltà e di popoli, attivamente dentro i complessivi processi evolutivi economico-sociali e politico-istituzionali, nel quadro, sempre, di orizzonti spaziali euro-mediterranei, nonché solida culla del pensiero libero e per l’affermazione piena di donne e di uomini, quali cittadini protagonisti del proprio futuro.

* Università degli studi della Basilicata presidente della Deputazione di Storia patria

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