X
<
>

Il tribunale di Matera

Condividi:
4 minuti per la lettura

UNA vittoria, per quanto non si possa certo esultarne, date le premesse. Ma comunque anche un importante precedente per il riconoscimento delle situazioni più critiche di sovra-indebitamento con conseguente riduzione del debito.

Una recente decisione del Tribunale di Matera (sezione civile, presidente Giorgio Pica, giudici Laura Marrone e Antonia Quartarella, relatore) ha riconosciuto la riduzione dell’80% del debito ribaltando un precedente decreto riguardante un uomo la cui esposizione debitoria era di oltre 81mila euro. Cifre, accumulate in pochi anni, relative a lavori fatti in casa, spese mediche e di studio e istruzione della prole, con viaggi e doppie spese di fitto: un quadro che aveva portato a contrarre mutui, finanziamenti e prestiti, con cessione del quinto dello stipendio oltre ai prelievi da conto corrente. Un caso “normale” di una classica famiglia monoreddito – contratto a tempo indeterminato – ma a rischio “nuova povertà” se una serie di concomitanze arrivano a mutare lo scenario. Una storia della porta accanto, si direbbe, come tante ne sono maturate in una regione dal tessuto economico precario come la Basilicata, e soprattutto in questo anno di crisi legata alla pandemia.

Nel caso in questione, da un lato della bilancia c’è la cosiddetta “regola prudenziale” secondo la quale bisogna evitare che il reddito mensile di una persona sia assorbito oltre un terzo dai debiti contratti, dall’altro la violazione – da parte dei soggetti finanziatori – del cosiddetto “merito creditizio” del debitore, vale a dire la soglia massima di esposizione debitoria possibile valutata in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un tenore di vita dignitoso.
Sì, sembra un formulario giuridico-finanziario ma dietro le parole sta il nocciolo della questione: dimostrare che il debito contratto non è solvibile se non rinunciando alle condizioni minime di vivibilità e – si direbbe – dignità.

Qui entra in gioco la cosiddetta “legge salva suicidi” (la n. 3 del 2012), che non ha finalità assistenziale ma è piuttosto rivolta a evitare l’esposizione a fenomeni di usura ed estorsione: al giudice spetta valutare la presenza del cosiddetto “requisito della meritevolezza” del consumatore che propone il “piano” per ridurre il debito.

«La legge 3/2012 – recita il provvedimento con cui il “piano del consumatore” è stato accolto – non consente al giudice di sindacare il profilo meritorio delle spese sostenute, ma solo se il sovraindebitamento (…) possa essere o meno addebitabile a titolo di “colpa grave”». All’uomo non va – in questo caso – imputata la mancanza di un “principio di prudenza” né, di conseguenza, la “colpa” di essere ricorso a richieste di finanziamento superiori alle proprie capacità patrimoniali e di spesa. L’interessato è stato assistito per far fronte alle sue spese dall’associazione antiracket e antiusura Famiglia e Sussidiarietà, dalla Fondazione Lucana Antiusura “Monsignor Vincenzo Cavalla” e dalla Caritas materana. Ha seguito e assistito il caso l’avvocato Giuseppe Tedesco.

La legge 3/2012 fu approvata dal governo Monti per aiutare piccoli imprenditori e padri di famiglia sovraindebitati. Prima dell’approvazione di questa legge si registrarono casi di chi preferiva togliersi la vita piuttosto che affrontare il tracollo economico ormai prevedibile.

L’obiettivo della legge, ancor oggi poco conosciuta e poco applicata, è dare una seconda opportunità ai sovraindebitati e a rischio di usura, per immetterli nuovamente nel ruolo attivo dell’economia e della società, liberi dalla morsa dell’indebitamento.
Con il decreto Ristori, la legge 3/2012 è stata rivista, migliorata e integrata: ora per andare incontro alle fasce più deboli vi è la possibilità per il debitore di presentare il cosiddetto “piano del consumatore” anche senza esborso di denaro, purché il consumatore dimostri il suo merito, e l’effettiva mancanza di beni o capitale da poter offrire.

«È utile ricordare che già prima dell’approvazione delle nuove procedure il Tribunale di Napoli Nord III sezione civile, l’8 giugno 2020, con decreto, in considerazione dell’aggravamento della crisi causata dal Covid 19, ha anticipato il beneficio previsto della suindicata norma», spiega Angelo Festa, presidente dell’associazione regionale antiracket e antiusura “Famiglia e Sussidiarietà – APS”. «Oggi ancora, perdurando la pandemia, molte famiglie e molti imprenditori vedono peggiorare la loro situazione economica e non riescono più a far fronte alle obbligazioni e agli impegni assunti. Le risorse economiche messe a disposizione dal Governo, prima con il decreto Ristori, ora con il decreto Sostegni, non bastano. Occorre il lavoro, supportare le attività in crisi e farle ripartire in sicurezza», conclude Festa.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE