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Il Centro olio Tempa Rossa

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POTREBBERO valere qualche decina di milioni di euro in più nelle casse della Regione Basilicata e dei comuni petroliferi lucani le tensioni al confine tra Ucraina e Russia.

È questo l’effetto del balzo del prezzo di petrolio e gas scatenato sui mercati internazionali dai rischi di un conflitto armato e del blocco degli approvvigionamenti di gas metano dalla Russia.

Ieri il costo di un barile di greggio è arrivato a 96 dollari: una quotazione che non si vedeva da settembre del 2014. Se dovesse mantenersi a questi livelli per i prossimi mesi, quindi, è lecito aspettarsi un aumento proporzionale anche delle royalty per la produzione lucana di petrolio e gas deovute a Regione e comuni dove sono ubicati gli impianti estrattivi. Un tesoretto inatteso che dovrebbe materializzarsi a fine giugno del 2023, quando verranno chiusi i conti per l’annualità precedente.

Per farsi un’idea dell’ammontare delle risorse in questione basta prendere i dati delle royalty versate la scorsa estate dalle compagnie petrolifere, in relazione alla produzione del 2020, quando il prezzo medio del barile si è attestato a 41,97 dollari per barile.

Il comune-capitale delle trivelle lucane, Viggiano, si è visto riconoscere, infatti, appena 6milioni di euro, contro i 10 ricevuti l’anno precedente per la produzione 2019, quando il costo del greggio era ancora sui 64 dollari.

Ai prezzi attuali, insomma, la possibilità concreta è di tornare ai livelli 2015, quando sono andate all’incasso le royalty del 2014, in cui il prezzo del petrolio si era attestato sui 98 dollari. Col risultato che nelle casse di Viggiano i milioni incamerati furono ben 16.

Ancora più ricco il piatto della Regione, che la scorsa estate si è vista versare da Eni, Shell e Total “appena” 71milioni di euro. Nel 2015, infatti, i suoi introiti erano stati 142 milioni, ma non era ancora entrato in produzione il giacimento di Tempa Rossa, dove oggi Total, Shell e Mitsui estraggono circa 50mila barili al giorno più un quantitativo variabile di gas metano, associato al greggio, che viene convogliato nella rete Snam.

Sommando a questi gli oltre 80mila barili al giorno estratti da Eni e Shell in Val d’Agri, sempre con un quantitativo variabile di gas associato, insomma, la prospettiva è quella di un tesoretto di royalty da record per l’amministrazione guidata dal governatore Vito Bardi. Una benedizione inattesa a un anno dalle elezioni per il rinnovo di presidenza e consiglio regionale. Sebbene per legge risorse di questo tipo andrebbero destinate a investimenti per lo sviluppo delle aree interessate, direttamente o indirettamente, dalle estrazioni. Non nella classica spesa clientelare di tipo pre-elettorale.

A beneficiare del picco delle royalty dirette dovrebbero essere anche gli altri comuni petroliferi lucani: Calvello, Montemurro, Grumento Nova, Marsico Nuovo, Marsicovetere, Corleto, Guardia Perticara e Gorgoglione. Poi ci sono i 26 paesi del cosiddetto “Programma operativo Val d’Agri” che condividono con i primi le ricadute in termini di investimenti una quota di oltre un terzo delle royalty versate alla Regione Basilicata, in quanto ente gestore del Programma. Mentre la restante parte potrà essere impiegata da via Verrastro senza vincoli geografici, come fatto quasi sempre, in anni recenti, finanziando i lavori di forestazione e prevenzione del rischio idrogeologico, e il funzionamento del sistema sanitario regionale, e dell’Università della Basilicata.

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