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Il centro oli di Viggiano

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POTENZA – Il Tribunale di Potenza ha condannato per traffico di rifiuti gli ex vertici dell’Eni di Viggiano, nel processo sulla gestione dei reflui delle estrazioni di petrolio e gas in Basilicata.
Il collegio presieduto da Rosario Baglioni ha fissato in 2 anni di reclusione la pena per Ruggero Gheller, Nicola Allegro e Luca Bagatti, e in 1 anno e 4 mesi Enrico Trovato, Roberta Angelini e Vincenzo Lisandrelli.

I giudici hanno condannato a 18 mesi di reclusione anche l’ex capo dell’ufficio compatibilità ambientale della Regione Basilicata, Salvatore Lambiase. L’accusa, nei suoi confronti, è di aver “strappato” una diffida che il suo ufficio aveva notificato alla compagnia, in seguito a una fiammata anomala dalla torcia di sicurezza del centro olio di Viggiano.
In sentenza è stata disposta la confisca di 44,2 milioni di euro ad Eni spa, come provento del reato contestato ai suoi dipendenti, più ulteriori 700mila euro, per una sanzione autonoma.

Assolti, invece, i restanti 28 imputati tra cui gli ex direttori generali dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata, Raffaele Vita ed Aldo Schiassi, e i gestori di una serie di impianti di depurazione sparsi in mezza Italia, incluso Tecnoparco Valbasento di Pisticci.
E’ in questi impianti, infatti, che venivano smaltiti, per un terzo, i reflui di produzione del Centro olio di Viggiano, che è impianto per le estrazioni di petrolio e gas di Eni in Basilicata. Mentre i restanti due terzi venivano reiniettati nelle viscere della terra attraverso un pozzo di petrolio esausto nel Comune di Montemurro, ribattezzato Costa Molina 2.

Secondo l’accusa i reflui in questione sarebbero stati classificati erroneamente dalla compagnia petrolifera di bandiera come non pericolosi. Con un risparmio di spesa pari ai 44 milioni di euro confiscati rispetto al trattamento quale rifiuto pericoloso.
E’ caduta, invece, l’accusa di falso in atto pubblico legata ad alcune presunte irregolarità nelle autodenunce effettuate dalla compagnia agli enti di controllo sui livelli delle emissioni di gas dell’impianto lucano.

A margine della lettura del verdetto l’ufficio stampa di Eni ha diffuso una nota, in cui sostiene di aver dimostrato durante il dibattimento: “la rispondenza del Centro olio Val d’Agri alle Best Available Technologies (migliori tecnologie disponibili, ndr) e alle Best Practice (migliori pratiche, ndr) internazionali e che i propri dipendenti abbiano sempre agito in ottemperanza a quanto prescritto dalle numerose autorizzazioni emesse nel tempo da tutti gli enti competenti, improntando la propria condotta ai principi di legittimità e correttezza”.

La società ha quindi aggiunto che “pur accogliendo favorevolmente la pronuncia di assoluzione parziale emessa oggi dal Tribunale rispetto all’ipotesi di reato di falsità ideologica in atto pubblico, al contempo non condivide il riconoscimento di responsabilità per la grave ipotesi di reato di traffico illecito di rifiuti”.
“Eni rimane convinta – conclude la nota della compagnia – che l’operato del Centro olio Val d’Agri e dei propri dipendenti sia stato svolto nell’assoluto rispetto della normativa vigente e, in attesa di leggere le motivazioni della odierna sentenza, si prepara a presentare al più presto appello”.

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