X
<
>

I danni della frana del 2013 nel polo turistico che Matteo Di Taranto aveva realizzato

Condividi:
3 minuti per la lettura

Danni per oltre 10 milioni per il polo turistico di Montescaglioso, Matteo Di Taranto cita Comune e Regione e attacca: «Frana si poteva evitare»

Dopo essere stato in presidio mercoledì davanti al Tribunale di Matera e davanti alla sede della Regione a Potenza, Matteo Di Taranto racconterà la sua storia in un sit in davanti alla Prefettura di Matera.

Il suo è il tipico paradosso che unisce burocrazia e disastro annunciato. Un binomio che ha investito dieci anni fa quello che l’imprenditore di Montescaglioso aveva costruito per diventare un polo turistico polifunzionale. Struttura con albergo, spazi per lo sport, area convegni, zone verdi e che oggi è destinato a diventare un rudere per essersi trovato sulla linea tragica della frana che ha devastato la contrada “Cinque Bocche” a Montescaglioso, il 3 dicembre 2013.

La battaglia portata avanti da Di Taranto, a dieci anni da quei fatti, è fatta di testimonianze di esperti, studi e ricerche. Atti che dimostrano che quel disastro si sarebbe potuto evitare. E che, spiega ancora l’imprenditore, i danni pari a oltre 10 milioni sarebbero il risultato della negligenza di Comune e Regione.

FRANA DI MONTESCAGLIOSO, «SI POTEVA EVITARE»

«La strada era stata progettata per raggiungere più velocemente la statale 175. Durante gli scavi – spiega – fu scoperta acqua sotterranea. Per farla defluire sarebbero stati necessari degli scatolari, cunicoli di attraversamento. Fu così decisa una variante in corso d’opera che, per motivi che non conosco, non fu più costruita». Quella scelta, secondo la ricostruzione di Di Taranto, decide il corso degli eventi. La gabbionatura invece, fu realizzata, come ricorda ancora l’imprenditore, successivamente alla frana del 2013. Dopo un tavolo tecnico che decise anche di abbattere un muro che era stato realizzato. In questo modo le acque dovevano riuscire a defluire.

«Era una tragedia annunciata – dice ancora -. Già nel 2009 c’erano stati i primi segnali di cedimento. Nel 2011 altri cenni premonitori che indicavano un maggior cedimento e un abbassamento della sede stradale. L’Ufficio tecnico del Comune dopo un sopralluogo il 2 marzo e un verbale di somma urgenza segnalò la necessità di riparare il danno e di eliminare le cause; invece non accadde nulla».

L’INTERVENTO DEL GEOLOGO SULLA GENESI DELLA FRANA

E su questa vicenda intervenne all’epoca anche il geologo Giuseppe Spilotro che in un incontro pubblico spiegò che la frattura mostrata in una ricostruzione effettuata successivamente alla frana del 2013, altro non era che l’amplificazione di una rottura preesistente. L’acqua, sostanzialmente, dalla superficie era penetrata nel sotterraneo, tentando poi di uscire con gli effetti che poi avrebbero condotto alla frana.

«Sappiamo che le aree da cui uscì l’acqua, attraverso alcuni fori, si trovavano a circa 20 metri dalla superficie argillosa e dall’infiltrazione, con un valore di azione che fu davvero tremendo – disse in quella occasione – Si verificarono tre movimenti franosi progressivamente, il primo nel settore anteriore che ha tagliato la superstrada, il secondo che ha tagliato la zona del supermercato Lidl e il terzo fu quello arrivata sotto l’antenna. Spessori diversi ma meccanismo concatenato». E Matteo Di Taranto conferma: «Viene spiegato chiaramente che il muro sostanzialmente esplose».

Il risultato, a dieci anni di distanza, è nella necessità di fare ancora chiarezza e di spiegare cosa accadde davvero e quanto alcune scelte, come sostiene ancora oggi Di Taranto, abbiano deciso il destino di molte persone che avevano pensato di investire senza lasciare il territorio, nella convinzione che il futuro sarebbe passato dal turismo e non da una frana che, invece, ha cristallizzato storie, famiglie e progetti.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE