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Raffaele La Regina, segretario regionale del Pd

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POTENZA – Il Partito democratico non è «una caserma», ma a Policoro c’è un unico nemico vero: la destra di Enrico Bianco e del consigliere regionale Rocco Leone. Poi c’è un altro candidato, Nicolino Lopatriello, sostenuto da una coalizione all’insegna del trasformismo, che include un pezzo di centrosinistra da riportare a casa. Quindi un terzo aspirante primo cittadino, Gianluca Marrese, che è espressione degli stessi valori del Partito democratico.

Può sintetizzarsi così la linea del Pd lucano sul voto del 12 giugno nella cittadina ionica, il più grande dei 22 centri lucani che andranno alle urne per il rinnovo di sindaci e consigli comunali. A metterla in chiaro, intervistato dal Quotidiano del Sud, è il segretario regionale democratico, Raffaele La Regina, al suo “battesimo del fuoco”, in senso elettorale, dopo la designazione alla guida nel partito dello scorso dicembre.

Segretario, è trascorsa più di una settimana dalla presentazione delle liste senza una dichiarazione su quanto accaduto nei comuni in cui il Pd c’è, e ci sarà, e in quelli, come Policoro, dove non ci sarà. Che è successo?

«Il Pd esprime cinque candidati sindaci ed è l’unico partito che, nel comune di Grassano, sarà chiaramente riconoscibile con il proprio simbolo. Abbiamo stretto alleanze strategiche in molti comuni riuscendo a costruire il famoso campo largo con i fatti e siamo già in campo da giorni a sostegno dei nostri candidati ai quali rivolgiamo un grande in bocca al lupo. Siamo stati capaci di esprimere candidature di donne e uomini competenti e con la schiena dritta».

Non c’è stata una dichiarazione neanche dopo la direzione regionale del partito di sabato. Vi siete imposti il silenzio per timore di alimentare commenti negativi?

«È il segno di qualcosa che inizia a cambiare in meglio. Semplicemente continueremo a discutere e bisogna avere rispetto di questo dibattito interno che non ha nulla di negativo, anzi. È così che una comunità vera, plurale e democratica arriva alla sintesi: nei luoghi del confronto che a lungo questo partito non è riuscito più ad offrire».

È vero che durante la discussione in direzione ha detto di sentirsi un segretario di minoranza all’interno del Pd lucano?

«Non esistono segretari di minoranza e non l’ho mai detto. Mi fido ciecamente del sostegno di chi mi ha supportato al congresso regionale. Nel Pd c’è un dibattito vivace, sincero e franco su come ripartire dall’esigenza di cambiamento e rinnovamento, pur nella valorizzazione di esperienze politiche e di governo che sono significative ed autorevoli per la Basilicata e per il Pd. La mia candidatura e la mia elezione partono proprio da questa necessità: aprire il Pd, riconnetterlo con la società con credibilità e coerenza. I lucani è questo che si aspettano da noi».

Quindi a Policoro, assunto che ci sono state resistenze alla sua idea di dare un’indicazione di voto a favore di Gianluca Marrese, qual è la linea del Partito democratico?

«Come ha detto il segretario nazionale Enrico Letta, questo partito non è una caserma. Soprattutto dove non c’è un impegno diretto del Pd come a Policoro. Chiederemo un impegno concreto contro la destra di Bianco e Leone. La presenza di Michele Casino sul palco con Nicola Lopatriello rafforza la congettura del trasformismo. Lo stesso candidato sindaco, da quel palco, parla di “coalizione coatta”. Il Pd deve essere capace di individuare quel pezzo del nostro mondo e con le nostre sensibilità che ha scelto di candidarsi con Lopatriello e riportarlo sui binari del centrosinistra. Gianluca Marrese rappresenta i valori del riformismo, del progressismo e dell’ecologismo che sono patrimonio comune».

Ma lei che idea s’è fatto del motivo per cui il Pd non è riuscito a presentare una lista?

«La non disponibilità di Enrico Mascia ha generato uno spaccato. C’è un doppio tema. Il primo riguarda l’assenza del campo largo a Policoro ed il secondo attiene al Pd di Policoro. C’è stato un tavolo del centrosinistra che si è ridotto quando Art1 ha proposto il nome di Gianluca Marrese e, non raccogliendo l’unità del tavolo, ha deciso di proseguire in autonomia. Il tavolo si è così ristretto al Pd, il M5s, il Psi ed Europa Verde, ma si è successivamente contraddistinto per dei veti (per la verità non del Psi) verso il Pd che non hanno consentito di unire le forze. Per questo motivo abbiamo deciso di proseguire autonomamente ed abbiamo messo in piedi una lista che avrebbe potuto partecipare a queste elezioni amministrative. Una lista debole e non completa che ha indotto tutti, a partire dal candidato sindaco in pectore, ad una riflessione e ad una conseguente decisione di fermarsi. Vengo al secondo tema che riguarda i limiti del Pd che non è riuscito a dialogare con la società policorese, mediare e risolvere le contrapposizioni all’interno del Partito e dell’amministrazione. Un’amministrazione che ha fatto tanto e bene per la città ma non ha saputo farlo emergere a causa dei contrasti interni. È la coda di una stagione politica nella quale il Pd tutto è stato travolto da scontri e conflitti. Abbiamo messo in campo ogni sforzo per unire, ma si tratta di un lavoro di ricostruzione che richiederà ancora pazienza, fatica e coraggio».

E a Palazzo San Gervasio il Pd chi sostiene tra Festino e Saluzzi?

«Come le ho detto prima, il Pd ha stretto alleanze strategiche. Ha dato vita al campo largo in molti comuni. Palazzo San Gervasio è uno di questi. Il Pd con Verdi, M5s e Art1 sosterrà Mario Saluzzi».

Non teme che queste tensioni all’interno del partito siano un enorme favore al centrodestra in vista delle prossime elezioni politiche e regionali?

«Il Pd, a differenza di altre forze politiche, gode di un confronto democratico e di un pluralismo che ne rappresenta la ricchezza. Dai lunghi lavori della direzione emerge in maniera netta e assoluta la consapevolezza che non basterà, però, il peggior governo regionale nella storia della Basilicata per consentire al centrosinistra di tornare a vincere senza una vera analisi su quello che è stato e quello che dovrà essere. Bisogna continuare sulla strada del cambiamento e del rinnovamento nel pensiero, nei metodi e – perché no – anche nella classe dirigente. Non è il Pd della rottamazione ma certamente non può essere il partito della conservazione, altrimenti non avremmo recepito il messaggio elettorale ultimo. Stiamo svolgendo un lavoro di programmazione e confronto – grazie allo sforzo di nuove e vecchie generazioni che si tengono per mano – che ci ha finalmente riconnesso con i territori attraverso le Agorà Democratiche; completeremo i congressi provinciali e di circolo con l’intento di continuare ad unire. Sia chiaro: unire nei nostri valori e sulla nostra idea di Basilicata ma non nelle composizioni di ceto. Mettiamo in cima alle nostre agende politiche i temi, i valori e le battaglie che possano offrire una nuova speranza alla Basilicata, dilaniata dalle destre. Perseguiamo quel campo largo all’interno del quale il Pd deve essere il perno di una alleanza che includa le culture moderate, riformiste, ecologiste, progressiste, cristiano sociali e femministe. Proprio oggi ricorre il centenario dalla nascita di Enrico Berlinguer. Una sua frase può riassumere questo pensiero: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”».

Che giudizio dà sulla manovra finanziaria regionale?

«Un bilancio senz’anima, figlio di un governo regionale che si muove a tentoni. Hanno salvato Potenza ma non viene offerto nessuno slancio alla Basilicata. Una manovrina non all’altezza del momento storico che vive la Regione, in perfetta continuità con il Piano strategico regionale e la programmazione 2021-2027 dove non già emerge nessuna svolta significativa. Penso al tema del lavoro in particolare quello non qualificato, delle transizioni e dell’energia, della sanità, del welfare, dello spopolamento e delle aree interne. Non si capisce quale strategia si intenda adottare per le giovani generazioni e per gli anziani, per la formazione e la digitalizzazione. Ancora non è chiaro, slogan populisti a parte, come si intende alleggerire il peso del caro bollette sui cittadini lucani. Tutto questo mentre viene rinviato un consiglio regionale straordinario sulle pari opportunità, richiesto dalla Commissione regionale pari opportunità dopo la vergognosa vicenda Leone, senza nessuna motivazione se non quella di evitare scossoni in campagna elettorale».

A Ruoti il Pd ha scelto di non schierarsi né con Angelo Salinardi, al centro di una complessa vicenda giudiziaria, né con Franco Gentilesca che è un assessore della giunta uscente guidata da Anna Maria Scalise, candidata alle scorse regionali proprio col Pd. Non pensa che questo finirà per avvantaggiare Salinardi?

«A Ruoti c’è un progetto giovane che parte da lontano, frutto di cinque anni di una opposizione non consiliare ma tutta politica di uomini e donne appassionati che hanno un unico obiettivo: restituire dignità ad un territorio a lungo schiacciato da una sorta di feudalesimo. Il Pd di Ruoti, storicamente avverso alle politiche di Salinardi, ha deciso con il M5s ed altre forze civiche e moderate, di buttare il cuore oltre l’ostacolo in una battaglia politica che li vede alternativi ad ogni tipo di gestione pubblica finora espressa».

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