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Il Centro Olio Val d'Agri a Viggiano (PZ)

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La conclusione del dossier commissionato da Viggiano e Grumento Nova: «Mortali i fumi del Centro Olio Eni»

POTENZA – C’è «un eccesso di mortalità nel periodo 2000-2013 per malattie del sistema circolatorio nelle donne residenti a Viggiano, rispetto sia al livello medio di mortalità regionale sia a quello del complesso dei 20 comuni della Val d’Agri», che è «significativamente» associato all’esposizione all’«inquinamento di origine Cova (Centro olio della Val d’Agri, ndr)». Come pure «un rischio di sintomatologia respiratoria più pronunciato», in prossimità dello stesso impianto.
Sono le conclusioni shock della Valutazione di impatto sanitario (Vis) delle emissioni dell’impianto petrolifero dell’Eni, commissionata nel 2014 dai comuni di Viggiano e Grumento Nova al gruppo di lavoro interdisciplinare coordinato dall’Istituto di fisiologica clinica del Cnr di Pisa, a cui hanno preso parte: il Dipartimento di biologia dell’Università di Bari; l’Istituto per lo studio degli ecosistemi e l’Istituo di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Pisa e Lecce; più il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio.

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Il «rapporto di sintesi» su 3 anni di lavoro svolto è datato 27 giugno 2017 e risulta consegnato il giorno stesso a Viggiano, durante una riunione riservata, a cui hanno preso parte pochi tecnici e amministratori locali. In seguito il Comune ha annunciato più volte che avrebbe organizzato degli incontri pubblici per comunicare quanto emerso alla cittadinanza. Ma a oggi nulla è stato fatto. Ai pochi a conoscenza dei contenuti del rapporto è stato imposto il silenzio. Mentre il Centro olio, fermato dalla Regione ad aprile dopo l’allarme per la contaminazione delle falde acquifere provocata dalla perdita di greggio scoperta a gennaio, ha ripreso regolarmente a funzionare da metà luglio. 
Lo studio ha riguardato la caratterizzazione ambientale dell’aria e del suolo attorno all’impianto, la realizzazione di una mappa della diffusione di alcuni degli inquinanti prodotti (in particolare idrogeno solforato, anidride solforosa più ossido e diossido di azoto), e l’analisi dello stato di salute dei residenti.
«Ogni soggetto è stato georeferenziato – è spiegato nel rapporto -, cioé al proprio indirizzo di residenza sono state assegnate le coordinate geografiche ed è stato posizionato sulla mappa digitale». Quindi gli è stato attribuito un livello di esposizione, da 1 a 3, a seconda della maggiore o minore concentrazione di ossido di azoto nella sua zona. Infine i dati sono stati incrociati con quelli di mortalità e ospedalizzazione per patologie selezionate sulla base: «della plausibilità epidemiologica e biologica, della numerosità degli eventi, e della coerenza del periodo di induzione-latenza con il periodo di funzionamento del Centro olio». Escludendo morti e ricoveri per cadute accidentali, incidenti stradali e quant’altro.
I risultati ottenuti sono stati ulteriormente «aggiustati» per ridurre al minimo la possibilità di errori nell’analisi del nesso causa- effetto, ovvero l’associazione tra «esposizione ad emissioni atmosferiche prodotte dal Centro olio» e rischi sanitari. Per questo sono stati presi in considerazione anche: sesso ed età dei cittadini, condizioni socioeconomiche, e vicinanza alla Statale 598, Fondovalle dell’Agri, individuata come un «potenziale confondente» dello studio, per le emissioni provocate dai mezzi che la percorrono ogni giorno. 
Per analizzare le malattie dell’apparato respiratorio sono state sottoposte a test spirometrici e questionari 240 persone estratte a sorte: 120 residenti nell’«area prossimale» dell’impianto Eni, e 120 nell’«area esterna». Anche in questo caso senza trascurare possibili interferenze di altri fattori di rischio: fumo, esposizione professionale ad agenti chimico-fisici, indice di massa corporea, disturbi dell’infanzia, tipo di riscaldamento nell’abitazione, eccetera. 
In conclusione, secondo i ricercatori incaricati dello studio: «lo stato di salute dei due comuni nel periodo 2000-2014 è risultato peggiore di quello della regione Basilicata e del complesso dei comuni della Val d’Agri». Con «più eccessi statisticamente significativi di mortalità e morbosità (ricoveri ospedalieri)» a Viggiano rispetto a Grumento. 
«La mortalità e la morbosità dei residentei nel periodo 2000-2014 – prosegue il rapporto Vis – mostrano alcune associazioni di rischio rispetto alla esposizione ad NOx/NO (ossido e diossido di azoto, ndr) stimata sulla base di appropriato modello di diffusione delle emissioni del Centro olio e tenendo conto della Ss598 come confondente; anche la stima della diffusione del SO2 (anidride solforosa, ndr) e le misure delle centraline di H2S (idrogeno solforanto, ndr) risultano ben correlate fra loro». 
Quanto alle «cause di decesso e di ricovero che risultano significativamente associate all’esposizione stimata ad inquinamento di origine Cova (Centro olio Val d’agri, ndr)», il rapporto ricorda che «riguardano le malattie cardiovascolari e respiratorie, per le quali la letteratura scientifica è persuasiva di una evidenza sufficiente a favore del ruolo causale degli stessi inquinanti atmosferici», ed evidenzia che «la concentrazione degli eccessi significativi soprattutto nelle donne depone a favore di un ruolo eziologico di esposizioni ambientali».

 

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