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La sede del Parco dell'Appennino

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POTENZA – «Avuto riguardo al pervasivo quadro di irregolarità riscontrate», l’ex consiglio direttivo del Parco nazionale dell’Appennino lucano non è stato in grado di «verificare la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite al direttore», e di «conformare l’attività complessiva dell’ente ai principi di buon andamento, imparzialità e legalità». Aldilà delle singole contestazioni di cattiva gestione.

E’ quanto afferma il Tar Basilicata nella sentenza con cui ha confermato il commissariamento del Parco, deciso giusto un anno fa dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, respingendo il ricorso presentato dai membri del disciolto consiglio direttivo, espressione della comunità del parco: i sindaci di Marsicovetere e Nemoli, Marco Zipparri e Domenico Carlomagno; Vittorio Triunfo, “esperto in materia di aree protette” nonché ex sindaco di Abriola, e fratello dell’attuale primo cittadino Romano (che da che da agosto del 2017 aveva sostituito come facente funzioni l’ormai ex presidente Domenico Todaro); e l’ex sindaco di Sasso di Castalda, Vittorio Perrone. Più uno dei 3 membri di indicazione ministeriale: Giuseppe Votta (designato dal Ministero dell’Agricoltura). Il collegio presieduto da Fabio Donadono (Paolo Mariano estensore e Pasquale Mastrantuono consigliere) ha sottolineato l’esistenza degli «elementi sintomatici di un grave deficit funzionale dell’organo direttivo nel vigilare sull’attività gestionale dell’ente Parco e nell’assicurarne la legalità amministrativa», che andrebbe correttamente inquadrato alla base della decisione del ministro.

Senza scendere nel dettaglio dei rilievi che hanno portato a questa conclusione: in parte già oggetto di un giudizio pendente davanti alla Corte dei conti a carico del consiglio direttivo, per alcune presunte “spese illegittime” e gli incarichi affidati all’architetto Vincenzo Fogliano, a lungo in servizio come direttore; e in parte sollevati dall’Ispettorato generale di finanza, sempre sugli incarichi a Fogliano oltre che sulla mancata programmazione delle attività dell’ente, la gestione del personale, l’affidamento all’esterno del servizio finanziario, la mancanza di trasparenza, e l’“illegittima estromissione” di un membro del consiglio direttivo (poi reintegrato). E’ contro questo deficit nella funzione di controllo «giustificante in via autonoma la determinazione gravata», quindi, che a detta del Tar «non è stata formulata alcuna circostanziata o convincente doglianza». Di qui la conferma del provvedimento di nomina a commissario di Alfonso Di Palma, generale di divisione dei carabinieri in pensione e già comandante regionale della Legione Basilicata, che a febbraio ha ceduto il posto a Ilde Gaudiello, dirigente alla pianificazione, tracciabilità e vigilanza sulla gestione dei rifiuti dello stesso ministero dell’Ambiente.

I giudici amministrativi hanno condannato l’ex consiglio direttivo anche a pagare 3mila euro di spese legali. Nella determina di commissariamento del Parco si indicava tra gli obiettivi della nuova gestione straordinaria la rassegna della storia amministrativa recente dell’ente, che a sede a Marsico Nuovo. Rassegna a cui sarebbe dovuto seguire un sollecito all’indicazione del nuovo consiglio direttivo, nel rispetto del suo ordinamento, alla comunità del Parco, che è l’assemblea dei primi cittadini dei 29 comuni che rientrano nell’area protetta (Abriola, Anzi, Armento, Brienza, Calvello, Carbone, Castelsaraceno, Gallicchio, Grumento Nova, Lagonegro, Laurenzana, Lauria, Marsico Nuovo, Marsicovetere, Moliterno, Montemurro, Nemoli, Paterno, Pignola, Rivello, San Chirico Raparo, San Martino d’Agri, Sarconi, Sasso di Castalda, Satriano di Lucania, Spinoso, Tito, Tramutola e Viggiano), con l’aggiunta di associazioni ambientaliste, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca e Ambientale, e i ministeri di Agricoltura e Ambiente.

Contro l’ipotesi di commissariamento del Parco, poco prima che il ministro vi apponesse la sua firma, si era espressa la quasi unanimità della comunità del parco stesso e l’ex governatrice facente funzioni Flavia Franconi, a difesa della «rappresentanza territoriale» e dei «legittimi interessi» di cui questa sarebbe portatrice.

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