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Il tribunale di Potenza

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POTENZA – La Corte d’appello di Potenza ha confermato la condanna a 5 anni e mezzo di reclusione per il 47enne di Balvano Domenico Teta accusato di violenza sessuale nei confronti di due ragazzi minorenni all’epoca dei fatti, ospiti della casa famiglia La Cicocca di Potenza. Violenza che in un caso si sarebbe consumata anche nel reparto di pediatria dell’ospedale San Carlo, dove uno dei ragazzi era ricoverato per una tachicardia sospetta.

Il collegio presieduto da Pasquale Materi, ha giudicato inammissibile, perché presentato fuori tempo massimo, il ricorso del difensore di Teta, per cui pende in Cassazione già un’altra condanna a 4 anni di reclusione per un secondo processo scaturito dai presunti abusi su una delle due vittime.

Dopo che quest’ultima ha trovato la forza di parlare in Tribunale e ha raccontato i suoi trascorsi col 47enne. I fatti risalgono al 2010 quando Teta, amico della madre di uno dei due ragazzi, li avrebbe approcciati nella comunità, a cui erano stati affidati dai servizi sociali, a causa del contesto familiare degradato in cui vivevano. Accompagnando la donna ai colloqui col figlio, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Teta ne avrebbe «carpito la fiducia», riuscendo a sostituirsi alla «mancante figura paterna».  Poi però avrebbe iniziato ad assillare il ragazzo inviandogli messaggi spinti e costringendolo a dormire con lui, quando gli era concesso di tornare nella sua vecchia casa.

Stando a quanto si legge nel capo d’imputazione al centro del processo, rispetto a uno dei tanti episodi contestati, Teta avrebbe convinto la madre e il ragazzo a uscire assieme per trascorrere la serata fuori paese. Quindi si sarebbe rifiutato di accompagnarli a casa, dicendo di essere stanco, e invitandoli da lui. A quel punto, con varie scuse, avrebbe convinto il ragazzo a stare nel suo letto, e ne avrebbe abusato sessualmente. In un’occasione toccandolo e basta, e in un’altra “strappandogli” un rapporto sessuale completo. Per poi lasciarlo «dietro la porta (…) a piangere». Il tutto sarebbe avvenuto mentre la madre era nell’altra stanza. Motivo per cui anche lei è stata già rinviata a giudizio, processata e condannata a 2 anni e mezzo di reclusione, con la concessione di uno sconto di pena per il riconoscimento della semi-infermità mentale, con l’accusa di non aver impedito la violenza.

L’incubo sarebbe andato avanti fino a quando un’operatrice della casa famiglia non si è accorta di un sms particolarmente spinto inviato al ragazzo. Così è venuta alla luce anche la seconda vittima, che condivideva la stanza nella struttura protetta con la prima, e sarebbe stata “agganciata” durante i colloqui a cui l’uomo partecipava come “finto padre”.

Teta è stato condannato anche al risarcimento delle parti offese, assistite dagli avvocati Guglielmo Binetti e Francesco Fabrizio.

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