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L'imprenditore Antonio Colangelo

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POTENZA – Avrebbero evaso qualcosa come 1.800.000 euro di Iva e contributi per il personale dipendente delle rispettive aziende.

È questa l’accusa per cui ieri mattina la procura della Repubblica di Potenza, con il supporto di militari della Guardia di Finanza di Potenza ha dato esecuzione ai due distinti decreti di sequestro preventivo, emessi dall’ufficio del giudice per le indagini preliminari di Potenza, nei confronti degli imprenditori potentini Domenico De Vivo, patron dell’omonimo gruppo, e Antonio Colangelo, titolare della Geocart spa (ingegneria e servizi tecnici avanzati).

In una nota diffusa dal procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, si evidenzia che il sequestro eseguito dai militari della sezione di polizia giudiziaria e del nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle ha preso di mira «denaro presente nei conti correnti, e altri beni economici, nelle disponibilità degli indagati».

Quanto alla genesi dell’operazione, Curcio, ha evidenziato la «stretta sinergia tra Procura, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, finalizzata a rafforzare il coordinamento investigativo nel settore dei reati tributari, attraverso una maggiore circolarità delle informazioni».

«A seguito di preliminari accertamenti di natura fiscale», infatti, dall’Agenzia delle entrate sarebbe stata inviata una segnalazione ai pm «per omessi versamenti di ritenute fiscali alla fonte o ai fini Iva, attraverso le dichiarazioni presentate».

Al che gli inquirenti avrebbero avviato «il pertinente procedimento penale per i reati tributari rilevati» assumendo «la direzione delle indagini».

«Veniva proposta, così, da questa procura – prosegue Curcio – la misura ablatoria del sequestro preventivo volta a preservare il credito erariale, che il gip di Potenza accoglieva, emettendo i relativi decreti diretti e/o per equivalente fino alla concorrenza dell’importo dell’evasione fiscale contestata».

A quel punto i militari dell’aliquota di polizia giudiziaria della Finanza avrebbero avviato tutti «gli ulteriori accertamenti indispensabili per una ricostruzione delle capacità patrimoniale e finanziaria dei soggetti indagati». In modo da individuare, ed assicurare, beni e liquidità di valore equivalente al presunto debito con l’erario.

De Vivo, che attraverso un’apposita società gestisce anche i parcheggi dell’ospedale San Carlo di Potenza, era già finito nel mirino delle Fiamme gialle, per questioni tributarie, nel 2011.

All’epoca finì anche per qualche giorno agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta sulle presunte mazzette elargite all’ex capo dell’ufficio accertamenti e controlli dell’Agenzia delle entrate, Lucia Muscaridola. Ma a distanza di qualche anno la vicenda si era definita con un proscioglimento per prescrizione.

Più recente, invece, l’interesse degli inquirenti per Colangelo, che la scorsa estate era apparso tra gli indagati “vip” della maxi-inchiesta sulla mala politica lucana. La stessa inchiesta da cui due settimane fa sono scaturiti gli arresti eseguiti nei confronti dell’ex sindaco di Ruoti, Angelo Salinardi, e altre 15 persone.

Nei confronti di Colangelo, in particolare, i pm titolari del fascicolo avevano raccolto elementi per una prima contestazione di evasione fiscale attraverso la fatturazione di operazioni inesistenti, datata settembre 2019. Ma in seguito, sulla scorta di un’ulteriore informativa di reato datata 1° gennaio 2020, avrebbero formulato un’ipotesi aggiuntiva di truffa su erogazioni di denaro pubblico e corruzione.

Dunque tre distinte ipotesi d’accusa, su cui gli inquirenti avrebbero dovuto tirare le somme proprio in queste settimane.

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