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POTENZA – Avrebbero acquistato materiale elettronico e informatico in paesi dell’Unione europea, quali Olanda, Bulgaria, Cipro, Germania, Repubblica Ceca e Slovacchia, utilizzando società «cartiere» amministrate da «teste di legno», perlopiù di base in provincia di Salerno, che avrebbero rivenduto sottocosto il materiale in questione al loro effettivo destinatario, per poi dimenticare di pagare all’erario l’Iva sull’operazione effettuata.

E’ questa l’accusa per cui, ieri mattina, i finanzieri del comando provinciale di Potenza hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari spiccata dal gip di Lagonegro nei confronti di 5 persone e disposto il sequestro «di disponibilità economiche e finanziarie per un ammontare di oltre 57 milioni di euro», pari all’ammontare della presunta Iva evasa.

In carcere sono finiti Giovanni Palano di Roma, definito dagli inquirenti «sedicente commercialista/ingegnere», e il lucano Vito Ricciardella di Atella, «già titolare» di una ditta di trasporto merci e attuale dipendente di una ditta di Barile del tutto estranea all’indagine.

Il gip lagonegrese Mariano Sorrentino ha poi disposto gli arresti domiciliari nei confronti del commercialista napoletano Gennaro Tuccillo, e l’obbligo di firma e la sospensione dall’attività d’impresa di uno «stretto collaboratore» di Palano, il romano Bruno Strambi, e di Antonella Fonti, anche lei di Roma, che provvedeva «ai formali adempimenti scali e tributari delle “società cartiere” (senza procedere ai relativi versamenti)».

Risultano indagate a piede libero, invece, altre 22 persone, perlopiù «teste di legno» e amministratori di fatto delle società coinvolte nelle operazioni effettuate. Imprese risultate «prive di strutture aziendali, di personale dipendente, di capacità economiche e operative e spesso addirittura totalmente sconosciute presso gli indirizzi dichiarati quale sede legale o amministrativa», che «per ostacolare le attività investigative», sarebbero state «tenute in “vita” per un breve lasso temporale, generalmente di appena due/tre anni, per poi essere sostituite da altre società».

Secondo gli inquirenti il lucano Ricciardella avrebbe svolto «la funzione di reclutamento di soggetti prestanome”, che venivano ricompensati dallo stesso con somme di denaro al bisogno».

Il Quotidiano del Sud ha contattato il suo difensore, l’avvocato Antonio Murano, che ha già annunciato l’intenzione di chiedere la revoca degli arresti al gip. «Dei due reati fine collegati all’ipotizzata associazione a delinquere in cui è coinvolto Ricciardella – ha spiegato Murano – uno riguarda un’impresa della quale è considerato amministratore di fatto, che avrebbe omesso di versare Iva per 180mila euro. Mentre la legge fissa soglia di punibilità a 250mila euro. L’altro reato, invece, riguarda l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi della società in questione. Siamo fiduciosi, pertanto, in una revoca immediata delle misure cautelari».

In una nota diffusa ieri dalla Guardia di finanza di Potenza si spiega che l’esecuzione delle misure cautelari e del decreto di sequestro è stata svolta «in Campania, Lazio, Piemonte e Lombardia, oltre che in Basilicata con la collaborazione dei Reparti competenti per territorio ed ha visto impiegati una novantina di militari».

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