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I cerignolani Cartagena-Saracino restano in carcere per i soldi delle rapine riciclati nel San Barbato Resort di Lavello. Ma il procuratore generale dice no all’aggravante mafiosa per Liseno.


POTENZA – Restano in carcere i cerignolani Sante Cartagena e Pasquale Saracino, accusati di aver riciclato nei cantieri del San Barbato Resort di Lavello oltre 9milioni di euro «provento e profitto di rapine, ricettazioni, frodi fiscali ed altri numerosi delitti». Lo ha stabilito la Corte di cassazione dichiarando inammissibili i ricorsi presentati dai legali dei due pregiudicati, e discussi nella giornata di martedì. In mattinata, invece, dovrebbe essere reso noto il verdetto della Corte su un’altra coppia di ricorsi che è stata discussa ieri, mercoledì 10 dicembre 2025.

L’ANTIMAFIA CHIEDE L’AGGRAVANTE MAFIOSA PER ANTONIO LISENO

Al vaglio dei giudici di piazza Cavour, infatti, è finita la richiesta dell’Antimafia di Potenza di un aggravamento delle accuse al patron del San Barbato Resort, Antonio Liseno. I pm lucani hanno sostenuto, in particolare, la configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa a carico dell’imprenditore lavellese, evidenziando un «canale affaristico» aperto con «la famiglia Piarulli di Cerignola». Vale a dire i vertici incontrastati della mafia cerignolana. A fronte dei dubbi al riguardo del gip che ha disposto le misure cautelari eseguite agli inizi di luglio, gli inquirenti avevano proposto appello.

Dunque era stato il Tribunale del riesame a  il pm ad avvalorare le «più recenti conferme giudiziarie» dell’inserimento di Cartagena e Saracino, mai  raggiunti prima da sospetti di appartenenza o contiguità a organizzazioni mafiose, nell’«alveo» della famiglia mafiosa dei Piarulli.

LA DIFESA CONTESTA LA TESI E I TEMPI PROCESSUALI

Ieri mattina i difensori di Liseno, gli avvocati Gaetano Sansanelli e Antonio Carretta, hanno contestato la tesi degli inquirenti, ma hanno anche evidenziato che il loro appello sarebbe stato presentato con un giorno di ritardo rispetto al termine previsto per legge. Eccezioni recepite entrambe dal procuratore generale, che ha chiesto a sua volta l’annullamento senza rinvio della pronuncia del Riesame di Potenza. Sia per quanto riguarda il riconoscimento dell’aggravante mafiosa a carico di Liseno, che per la distinta posizione di un altro indagato, il pregiudicato lavellese Massimo Sileno, accusato di un tentativo di estorsione per una vicenda collaterale al nucleo dell’inchiesta.

IMMINENTE NUOVO RICORSO PER LA SCARCERAZIONE

La decisione sui ricorsi discussi ieri è destinata ad avere ripercussioni anche su quello che verrà discusso domani, 12 dicembre. In aula, infatti, si tornerà a discutere di Liseno e del riciclaggio dei soldi della mala cerignolana nel suo resort extra-lusso. Ma a partire, questa volta, dalle accuse  “base”, senza l’aggravante mafiosa, per cui l’imprenditore è in carcere ormai da 5 mesi. Di qui il secondo ricorso presentato dai difensori per ottenere la sua immediata liberazione. 

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