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La Rsa "Raffaele Acerenza"

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I familiari di alcuni ospiti della Rsa “Raffaele Acerenza” hanno scritto alla Regione: tagliati i fondi nazionali, rette insostenibili

POTENZA – Non è un Paese per giovani, lo diciamo spesso. Ma questo non è neppure un Paese per vecchi. A meno che la tua pensione non sia di quelle che ti consentano di vivere agiatamente. E, purtroppo, non è il caso questo di moltissimi dei nostri anziani. E delle loro famiglie, come denunciano i parenti della ospiti della casa di riposo “Raffaele Acerenza” di Potenza. Questi ultimi, di fronte all’ennesimo aumento, hanno deciso di scrivere una lettera agli uffici di presidenza della giunta regionale, all’assessorato competente, alla presidenza e ai gruppi consiliari del consiglio regionale.

«La carenza di finanziamenti destinati al settore – scrivono i familiari nella lettera – sta creando problemi molto forti per circa 80 anziani fra non autosufficienti e allettati: il peso delle loro rette è aumentato fino a diventare insostenibile per noi familiari. Il rischio concreto è quello dell’interruzione dell’assistenza: in tal caso, il problema si aggraverebbe perché noi non saremmo in grado di prestare l’assistenza della quale loro hanno bisogno. Oggi il pericolo si sta facendo concreto proprio per la mancanza di finanziamenti da parte della Regione».

Le Rsa – residenze per anziani – sono strutture gestite da privati. Lo è anche quella “Raffaele Acerenza”, che ospita al momento 80 persone. Il patrimonio immobiliare è della Diocesi di Potenza, ma la gestione è di una società privata che ovviamente deve far quadrare i conti. Ogni mese c’è da pagare il gas (i riscaldamenti in inverno vengono tenuti accesi a lungo), l’elettricità (i televisori, tanto per fare un esempio, sono spesso accesi dalla mattina alla sera), ci sono una quarantina di dipendenti da pagare oltre alla mensa e a tutto quanto necessario per portare avanti la struttura. Soldi che – in attesa di fondi delle istituzioni pubbliche – da qualche parte devono arrivare alla Rsa. E l’unica fonte restano le rette che, infatti, negli ultimi mesi hanno subito importanti ritocchi, con aumenti che arrivano a 5 euro in più al giorno.

Per fare un esempio concreto: se sei mesi prima la retta era di 45 euro al giorno, sei mesi dopo si alza a 50. E si arriva così al mese a superare i 1.500 euro mensili, a cui vanno aggiunte (sono un costo a parte) eventuali medicine. Si dirà: sì, ma gli anziani hanno una pensione. Certo, ma per molti si tratta di pensioni sociali, cifre che si aggirano intorno ai 600 euro. E la restante parte? Ce la devono mettere le famiglie, sempre che gli anziani quelle famiglie ce l’abbiano. Ma se anche ce l’hanno, togliere da un bilancio familiare 7/800 euro, diventa davvero complicato.

Di qui la preghiera e l’invito: «Ci appelliamo al vostro senso di responsabilità affinché i finanziamenti interrotti siano ripristinati oppure ne siano deliberati rapidamente di nuovi». Un appello – ne sono consapevoli – che fatto in piena campagna elettorale porterà «a prometterci mari e monti. Ma poi, a elezioni concluse, chissà se davvero qualcuno farà qualcosa per questi poveri anziani, soprattutto per quelli con pensioni minime, che hanno il diritto di terminare i loro giorni dignitosamente».

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