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Ascoltando Nabil 
“Cuore meridiano”
I Radiodervish, nel tondo Nabil  e a destra la copertina del disco del gruppo  
di FRANCESCO ALTAVISTA
FERRANDINA – Con un progetto speciale dei Radiodervish, torna la grande musica al circolo Arci “Linea Gotica” di Ferrandina. Questa sera a partire dalle 22, Nabil Salameh e Michele Lobaccaro saranno a Ferrandina con il progetto “Cuore Meridiano”. 
E’ l’unica data in Basilicata di questo particolare progetto che gli esperti  del Linea Gotica hanno voluto regalare ai tesserati. In anteprima  rispetto all’esibizione di Ferrandina Nabil si concede ad alcune domande per il Quotidiano della Basilicata. 
Maestro, cosa è “Cuore Meridiano”? 
«In realtà “Cuore Meridiano” è un viaggio. Un itinerario che in qualche modo comprende diverse tappe sulle realtà musicali dei Paesi del Mediterraneo con musiche, suoni, generi musicali e parole. 
Non è solo un viaggio territoriale ma anche nel tempo perché “ Cuore Meridiano” è una narrazione in confidenza di quelle che sono state le nostre formazioni musicali e culturali. 
Ricordiamo gli autori che ci hanno segnato ed affascinato e che ci hanno lasciato un’eredità, un insegnamento ed un orizzonte musicale. Stiamo proponendo i punti di origine della nostra storia musicale».
I Radiodervish hanno da sempre contaminato le culture nella propria musica. La vostra può essere considerata una grande ricerca di un’unica grande ed autentica cultura del mondo?
«Parlare di autenticità è una cosa molto delicata. Tutte le cose hanno la loro autenticità, tutte le culture hanno un pezzo di verità, autenticità e di originalità. Il nostro mondo musicale è fatto di tanti frammenti.
 Quello che ci proponiamo di fare è partire dai nostri mondi ed abbracciare il Mediterraneo che per secoli è stato anche contenitore di ricerca spirituale. Questo  per immaginare, creare, regnare un nuovo luogo musicale  che benché non sia né l’uno né l’altro mondo della nostre radici ha il seme e anche i colori dei nostri mondi che si intrecciano ed indicano, almeno così si spera. Un melting pot  anche di identità, intesa non come un fattore statico ma un qualcosa di dinamico che si trasforma per continuare a vivere e non affondare nell’integralismo».
In “Human” il vostro ultimo disco scrivete e cantante in 4 lingue diverse raccontando l’attualità. Esiste un linguaggio unico per raccontare la modernità?
«Noi facciamo riferimento all’intelligenza del cuore come mezzo conoscitivo dell’altro e di se stessi. Questa è un’intelligenza che rende l’essere umano molto forte. 
Spesso  specie negli ultimi eventi dove prevale uno spirito consumistico che tende a far prevalere il potere del profitto e della sopraffazione, diventa anche un mezzo per difendersi e per relazionarsi con gli altri. In questo ultimo disco “Human” pensiamo che sia bene lanciarsi  questa sfida, riappropriarsi di questa dimensione umana, tornare ad essere umani. Mettere il valore umano al centro  delle nostre necessità e dei nostri valori».
Raccontate in questo disco anche della cosiddetta “Primavera araba”. Lei che è anche un grande osservatore e che in qualche modo ha vissuto quelle rivolte, cosa pensa di come è andata a finire? 
«Purtroppo non è andata a finire bene. La primavera egiziana è annegata prima nello stagno dell’integralismo ed adesso in un altro stagno talmente confusionario che non si riesce ad averne una descrizione precisa. 
La stessa cosa in Libia e in Tunisia. In Siria non ne parliamo. Io penso che comunque non è finita, la speranza rimane, ogni collettività deve comunque risalire dai propri abissi. 
L’umanità, ci insegna la storia, tende verso la luce non verso le tenebre. Arriverà quindi una resa dei conti». 
Da poco stata aperta una mostra a Bari, dal titolo “La Palestina della convivenza” a cui voi avete partecipato. Perché è così importante questa mostra?
«Sono dei ritratti fotografici che riportano la realtà palestinese dal 1880 e il 1948 prima della diaspora del popolo palestinese in seguito alla creazione dello stato di Israele. 
L’importanza di questa mostra è che ci riporta una testimonianza autentica, è vita vera di gente vissuta in Palestina, gente che ha sempre trovato un modo pacifico e civile per vivere le sue moltitudini culturali e religiose. Una Palestina che era proiettata verso la modernità, era tra le realtà economiche più brillanti. 
Questa mostra vorrebbe riportare alla luce una realtà che viene mistificata, raccontata in modo falso. 
La mostra  dimostra che su quella terra c’era una cultura civile emancipata e che non rispecchia affatto l’idea che una certa propaganda va raccontando in giro».
Concludiamo. Cosa è la Bellezza?
 «La Bellezza è un proiezione emozionale. La Bellezza è uno specchio del divino».    

FERRANDINA – Con un progetto speciale dei Radiodervish, torna la grande musica al circolo Arci “Linea Gotica” di Ferrandina. Questa sera a partire dalle 22, Nabil Salameh e Michele Lobaccaro saranno a Ferrandina con il progetto “Cuore Meridiano”. E’ l’unica data in Basilicata di questo particolare progetto che gli esperti  del Linea Gotica hanno voluto regalare ai tesserati. In anteprima  rispetto all’esibizione di Ferrandina Nabil si concede ad alcune domande per il Quotidiano della Basilicata. 

Maestro, cosa è “Cuore Meridiano”? 

«In realtà “Cuore Meridiano” è un viaggio. Un itinerario che in qualche modo comprende diverse tappe sulle realtà musicali dei Paesi del Mediterraneo con musiche, suoni, generi musicali e parole. Non è solo un viaggio territoriale ma anche nel tempo perché “ Cuore Meridiano” è una narrazione in confidenza di quelle che sono state le nostre formazioni musicali e culturali. Ricordiamo gli autori che ci hanno segnato ed affascinato e che ci hanno lasciato un’eredità, un insegnamento ed un orizzonte musicale. Stiamo proponendo i punti di origine della nostra storia musicale».

I Radiodervish hanno da sempre contaminato le culture nella propria musica. La vostra può essere considerata una grande ricerca di un’unica grande ed autentica cultura del mondo?

«Parlare di autenticità è una cosa molto delicata. Tutte le cose hanno la loro autenticità, tutte le culture hanno un pezzo di verità, autenticità e di originalità. Il nostro mondo musicale è fatto di tanti frammenti. Quello che ci proponiamo di fare è partire dai nostri mondi ed abbracciare il Mediterraneo che per secoli è stato anche contenitore di ricerca spirituale. Questo  per immaginare, creare, regnare un nuovo luogo musicale  che benché non sia né l’uno né l’altro mondo della nostre radici ha il seme e anche i colori dei nostri mondi che si intrecciano ed indicano, almeno così si spera. Un melting pot  anche di identità, intesa non come un fattore statico ma un qualcosa di dinamico che si trasforma per continuare a vivere e non affondare nell’integralismo».

In “Human” il vostro ultimo disco scrivete e cantante in 4 lingue diverse raccontando l’attualità. Esiste un linguaggio unico per raccontare la modernità?

«Noi facciamo riferimento all’intelligenza del cuore come mezzo conoscitivo dell’altro e di se stessi. Questa è un’intelligenza che rende l’essere umano molto forte. Spesso  specie negli ultimi eventi dove prevale uno spirito consumistico che tende a far prevalere il potere del profitto e della sopraffazione, diventa anche un mezzo per difendersi e per relazionarsi con gli altri. In questo ultimo disco “Human” pensiamo che sia bene lanciarsi  questa sfida, riappropriarsi di questa dimensione umana, tornare ad essere umani. Mettere il valore umano al centro  delle nostre necessità e dei nostri valori».

Raccontate in questo disco anche della cosiddetta “Primavera araba”. Lei che è anche un grande osservatore e che in qualche modo ha vissuto quelle rivolte, cosa pensa di come è andata a finire?

 «Purtroppo non è andata a finire bene. La primavera egiziana è annegata prima nello stagno dell’integralismo ed adesso in un altro stagno talmente confusionario che non si riesce ad averne una descrizione precisa. La stessa cosa in Libia e in Tunisia. In Siria non ne parliamo. Io penso che comunque non è finita, la speranza rimane, ogni collettività deve comunque risalire dai propri abissi. L’umanità, ci insegna la storia, tende verso la luce non verso le tenebre. Arriverà quindi una resa dei conti». 

Da poco stata aperta una mostra a Bari, dal titolo “La Palestina della convivenza” a cui voi avete partecipato. Perché è così importante questa mostra?

«Sono dei ritratti fotografici che riportano la realtà palestinese dal 1880 e il 1948 prima della diaspora del popolo palestinese in seguito alla creazione dello stato di Israele. L’importanza di questa mostra è che ci riporta una testimonianza autentica, è vita vera di gente vissuta in Palestina, gente che ha sempre trovato un modo pacifico e civile per vivere le sue moltitudini culturali e religiose. Una Palestina che era proiettata verso la modernità, era tra le realtà economiche più brillanti. Questa mostra vorrebbe riportare alla luce una realtà che viene mistificata, raccontata in modo falso. La mostra  dimostra che su quella terra c’era una cultura civile emancipata e che non rispecchia affatto l’idea che una certa propaganda va raccontando in giro».

Concludiamo. Cosa è la Bellezza? 

«La Bellezza è un proiezione emozionale. La Bellezza è uno specchio del divino».    

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