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Ventuno condanne e diciannove assoluzioni totali sono state richieste oggi dal sostituto procuratore generale Eugenio Facciolla, nell’ambito dei 40 giudizi abbreviati voluti da altrettanti imputati coinvolti nel procedimento «Why not», su presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici in Calabria. Al termine di una lunga requisitoria – andata avanti per quattro udienze e discussa anche dal sostituto procuratore Massimo Lia – la pubblica accusa ha riqualificato in ipotesi di «abuso d’ufficio» la maggior parte delle contestazioni di «peculato» e di «truffa aggravata» delineate a carico di vari imputati. La richiesta di condanna più elevata – a 4 anni e mezzo di reclusione – è stata avanzata a carico Antonio Saladino, l’imprenditore di Lamezia Terme, ex leader della Compagnia delle opere in Calabria, principale indagato del procedimento «Why not». Secondo i magistrati sarebbe stato proprio lui la «mente» della presunta associazione a delinquere descritta nell’inchiesta, avrebbe cioè «organizzato e capeggiato una compagine di persone al fine programmatico di porre in essere condotte integranti reati», creando un vero e proprio «sistema» di cui sarebbe stato il «centro di gravità», ed in cui avrebbe coinvolto anche politici di ogni colore esponenti delle istituzioni. Questi ultimi, sempre stando all’impianto accusatorio, avrebbero garantito finanziamenti pubblici alle società riconducibili a Saladino in cambio di consenso elettorale, gestito tramite l’assegnazione di posti di lavoro, in un circuito che proprio così si autoalimentava. A Saladino sono contestati i più gravi reati delineati nell’inchiesta (l’assoluzione, comunque, è stata chiesta per l’ipotesi di estorsione, e per un’ipotesi di abuso d’ufficio relativa al finanziamento di uno specifico progetto), tra i quali l’accusa di corruzione relativa al presunto finanziamento per la campagna elettorale delle regionali del 2005. Per questo stesso capo d’imputazione, nell’ambito dell’udienza preliminare il pg ha chiesto di affermare la penale responsabilità dei coindagati Nicola Adamo e Antonino Gatto, mentre oggi è stata chiesta l’assoluzione per il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, rispetto al quale, ha chiarito Facciolla, «non c’è alcuna prova del concorso nell’attività corruttiva». Per Loiero il pg ha comunque chiesto una condanna ad un anno e mezzo di reclusione, per due distinte ipotesi di abuso d’ufficio relative ai progetti finanziati dalla Regione «Censimento del patrimonio immobiliare» e «Tristezza degli agrumi» (sollecitata l’assoluzione infine per i capi relativi ai progetti «Infor», «Bifor» e «For Europe»).
Le richieste di condanna fatte al giudice Abigail Mellace per gli altri imputati (per alcuni dei quali ci sono state contestuali richieste di assoluzione per singoli capi) sono: a due anni e due mesi di reclusione per l’ex presidente della Giunta regionale Giuseppe Chiaravalloti; a un anno e otto mesi per Pasquale Anastasi; a cinque mesi e dieci giorni per Raffaele Bloise; a un anno e quattro mesi per Enza Bruno Bossio; a un anno per Eugenio Conforti; a un anno per Franco Nicola Cumino; a un anno e quattro mesi per Francesco De Grano; a un anno e due mesi per Nicola Durante; a sei mesi più il minimo previsto per le violazioni della legge in materia di lavoro per Giuseppe Fragomeni; a un anno e dieci mesi per Giuseppe Lacaria; a un anno e sei mesi per Antonio La Chimia; a due anni e due mesi per Giuseppe Lillo; a otto mesi per Tommaso Loiero; a un anno e dieci mesi per Gianfranco Luzzo; a un anno e dieci mesi e 800 euro di multa per Pietro Macrì; a sei mesi e 800 euro per Gianluca Morabito; a dieci mesi e 500 euro per Francesco Saladino; a sei mesi per Rinaldo Scopelliti; a sei mesi e 800 euro per Lucia Sibiano. L’assoluzione per tutte le accuse rispettivamente contestate è stata infine chiesta per: Sergio Abramo, Carmine Aloisio, Mario Alvaro, Pietro Andricciola, Gianpaolo Bevilacqua, Mariangela De Grano, Maria Teresa Fagà, Antonio Nicola Franco, Nicola Garagozzo, Francesco Lucifero, Luigi Muraca, Aldo Pegorari, Filippo Postorino, Saverino Saladino, Sabatino Savaglio, Mario Scardamaglia, Pasquale Maria Tripodi, Renzo Turatto, Peppino Biamonte. La trattazione dei giudizi abbreviati proseguirà nei giorni 15, 19, 22, 23, e 25 febbraio, con le arringhe dei difensori. La normale udienza preliminare per le 58 persone che non hanno chiesto il rito alternativo, invece, riprenderà il 16 febbraio. L’inchiesta «Why not» fu avviata nel 2006 dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris e poi avocata dalla Procura generale di Catanzaro, che alla fine ha formulato la richiesta di rinvio a giudizio – sottoscritta dall’allora procuratore generale Enzo Iannelli, e dal suo sostituto Domenico De Lorenzo, nonchè dai sostituti procuratori della Repubblica Salvatore Curcio e Antonella Lauri -, e conquistò la ribalta delle cronache soprattutto per il coinvolgimento dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, la cui posizione è stata archiviata nell’aprile del 2008, e dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, per il quale l’Ufficio gip ha disposto l’archiviazione a fine novembre.

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