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Dal tortello magico al tortello tragico. E’ successo. Ma non c’entra nulla il destino cinico e baro di saragattiana memoria. E’ successo perché era già tutto scritto. Cosa? Che Pier Luigi Bersani sbagliasse tutto; ma non nell’ultima fase, come si vuol fare credere, quando la schizofrenia del suo partito ha fatto naufragare prima Marini e poi Prodi, consegnandosi dopo a Berlusconi con la benedizione di Napolitano. D’altra parte il Capo dello Stato cosa poteva fare? Bersani ha sbagliato dall’inizio perché, ancorché umanamente gradevole, è un politico datato e tarato dal linguaggio e dalla prassi post-comunista. La sua bonomia emiliana, fatta da tanto buon senso e da quel sano pragmatismo padano, è stata scambiata per autorevolezza vincente per guidare il Paese. In realtà, come ha detto Carlo De Benedetti, il patron di Repubblica-L’Espresso, Bersani ha sbagliato dall’inizio. Il colore dei manifesti, gli slogan, gli argomenti, la tattica, la strategia, il ritmo, i tempi, le uscite, i tormentoni. Un uomo – e questa è un difetto di tutta la sinistra – che parla solo ai propri iscritti, a chi è già convinto. Mentre, per quelli da conquistare, si è cercato di convincerli con ragionamenti lunghi e tortuosi, con premesse e aperture di parentesi mai chiuse. E poi la solita presunzione e autoreferenzialità. Una mentalità gesuitica che ha proseliti nell’apparato. Ancora di recente, un funzionario del Pd calabrese ha diramato una nota fumosa – a protezione del commissario D’Attorre – in cui è stato ripetuto fino alla noia che da adesso «si apre una fase nuova». I figli, i nipoti e i pronipoti del Pci-Pds-Ds-Pd lo dicono da quando Togliatti sbarcò a Salerno nel 1944 provenendo dall’URSS. Sembra di sentire il colloquio col Conte zio di manzoniana memoria «sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire». Ed è quello che ha fatto Bersani nell’intervista rilasciata all’Unità nella quale dice e non dice. Ammette qualche errore, ma non dice quale. Soprattutto non fa nomi. E come potrebbe? E guarda retrospettivamente all’ultimo atto. Invece dovrebbe partire dal primo atto. Iniziando dalla scelta del suo staff. Il tortello magico. A Massimo D’Alema, che ha la gelida manina, gli viene attribuita questa frase: «Siamo al tortello magico! Questi emiliani sono bravissimi nell’allestire stand delle feste dell’Unità con piadine e salsicce…». D’altra parte non fu Palmiro Togliatti a dire mai un serbo alla guida della Jugoslavia, mai un emiliano a Botteghe Oscure? E poi il contributo della Calabria. Il sacerdote delle primarie è stato Nico Stumpo di Cotronei, promosso deputato per meriti speciali, è stato uno dei collaboratori più stretti di Pier Luigi Bersani. Quello Stumpo che – per la storia minima – è stato il notaio di Capo Suvero.

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