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La conferenza stampa con il procuratore Gratteri

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CATANZARO – Le potenti cosche di ‘ndrangheta del vibonese erano entrate in affari con i narcos albanesi, ritenuti dagli investigatori i più importanti produttori di marijuana del continente, saltando l’intermediazione della criminalità brindisina, storicamente «in affari» con i narcotrafficanti del Paese delle Aquile e riuscendo a contrattare l’importazione, in poco meno di tre mesi, di circa cinque tonnellate di marijuana per un valore di dieci milioni di euro.

L’ELENCO COMPLETO CON I NOMI DI TUTTE LE 44 PERSONE INDAGATE

E’ quanto emerso dall’inchiesta “Stammer 2 – Melina” che stamani ha portato all’arresto di 25 persone – 18 in carcere e 7 ai domiciliari – tra Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio, Toscana, Lombardia e Albania e all’esecuzione di numerose perquisizioni. Le indagini, condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria-Gico sezione Goa di Catanzaro, con la collaborazione dello Scico di Roma ed il supporto della Direzione centrale servizi antidroga (Dcsa), e coordinata dal capo della Dda catanzarese Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giovanni Bombardieri e dal pm Camillo Falvo, sono nate da uno stralcio dell’operazione “Stammer”, che nel gennaio 2017 colpì le ‘ndrine vibonesi solitamente impegnate nel business della cocaina.

IL VIDEO DELL’OPERAZIONE E GLI INSEGUIMENTI IN MARE

L’organizzazione disarticolata oggi, secondo gli investigatori, era estremamente complessa e si basava su un accordo criminoso tra le ‘ndrine Fiarè di San Gregorio d’Ippona, Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto, Anello di Filadelfia e Franzè di Stefanaconi, tutte collegate alla più nota ed egemone cosca dei Mancuso di Limbadi. Tra gli arrestati compaiono tre capi cosca, Rocco Anello, di 57 anni, ritenuto indiscusso boss di Filadelfia, Francesco Fiarè (38), alias «il dottore», e Giovanni Franzè (56), oltre ad altri soggetti ritenuti di rilevanza come Pasquale Pititto (50), Antonio Prostamo (29) e Domenico Mancuso (43).

Secondo il progetto ‘ndranghetista, una volta raggiunte le coste pugliesi i carichi di marijuana sarebbero stati divisi in più partite, pronte per essere cedute sulle molteplici “piazze” dislocate su gran parte del territorio italiano. L’inchiesta ha consentito di identificare tutti i 46 soggetti coinvolti, alcuni dei quali già detenuti nell’operazione “Stammer”, ognuno dei quali ricopriva un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, dai traduttori ai corrieri, da coloro che avevano il compito di monitorare l’uscita delle vedette della Guardia di finanza ai personaggi incaricati di curare l’arrivo degli emissari dei narcos albanesi più volte giunti in Italia, fino ai soggetti demandati per lo stoccaggio e la successiva rivendita della marijuana.

Grazie alle indagini e alla collaborazione del Reparto operativo aeronavale di Bari della Finanza, nel periodo agosto-ottobre 2016 sono stati eseguiti nel mar Adriatico, cinque interventi che hanno permesso di sequestrare in mare oltre 2770 kg di marijuana ed altri 90 sono nel porto di Ancona; di ricondurre due ulteriori importazioni di droga, rispettivamente pari a 1178 e 386 kg, oggetto di sequestro da parte della Guardia di finanza di Brindisi, destinate ai clan calabresi e infine, grazie ad una attività a posteriori, di ricostruire un’ulteriore transazione di 400 kg di marijuana che, giunta nel porto di Ancona, è stata poi smerciata sulla piazza di Milano. Oltre alla droga sono stati sequestrati 2 acquascooter, 4 natanti ed un autoarticolato.

Tutti i nomi delle persone arrestate

Le persone coinvolte nell’operazione sono: Rocco Anello, 57 anni, di Filadelfia (Vibo Valentia); Indrit Buja, 37; Cristian Burzi, 35, originario del Reggino ma residente in provincia di Bergamo; Mario Calesse, originario del Reggino ma residente in provincia di Monza Brianza; Francesco Colangelo, residente in Verano Brianza; Gianfranco Contestabile; Francesco Fiaré, residente a San Gregorio d’Ippona; Rosario Fioretti; Leonardo Francesco Raffaele Florio, di Vibo Valentia; Ippolito ANdrea Fortuna, di Vibo Valentia; Giovanni Franzé, di Stefanaconi; Gerardo Filippo Gentile, di Zambrone; Elvis Hajdini, Albania; Domenico Mancuso, vibonese residente a Roma; Fabio Melacca, di Brindisi; Shefik Muho, albanese; Gregorio Niglia, di Tropea; Antonio Paladino, di Rosarno; Francesco Paladino, di Rosarno; Giovanni Pastorello, cosentino residente a Milano; Michell Vincenzo Piperno, di San Costantino Calabro; Gianluca Pititto, di Mileto; Antonio Prostamo, di Mileto; Rosario Riccioli, di Catania; Claudio Tortora, di Vibo Valentia. 

Gli inquirenti e il potere delle cosche

«L’operazione Stammer 2 conferma come la ‘ndrangheta sia la criminalità organizzata più potente al mondo. Anche in questo caso, in poco tempo è riuscita a mettere in un angolo gli intermediari pugliesi e ad assumere un ruolo privilegiato nel traffico di marijuana dall’Albania verso l’Italia». Lo ha detto il generale Alessandro Barbera, comandante dello Scico della Guardia di finanza, intervenendo alla conferenza stampa tenutasi a Catanzaro dopo i 25 arresti effettuati dalle Fiamme gialle sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro. «Purtroppo – ha aggiunto – la potenza della ‘ndrangheta non sempre viene percepita in tutta la sua gravità nel resto del Paese e a livello internazionale».

Le capacità di diversificare gli affari e scavalcare qualsiasi intermediazione dei clan pugliesi sono state sottolineate dal comandante provinciale della Finanza, il colonnello Davide Rametta. «La stessa organizzazione – ha detto – riusciva a gestire traffici di cocaina e marijuana, se il primo subiva un momento di stanca l’organizzazione era subito capace di investire in un altro affare come quello dell’erba albanese».

«L’inchiesta – ha spiegato il procuratore aggiunto di Catanzaro Giovanni Bombardieri – coinvolge esponenti di vertici di cosche lametine e vibonesi. È la conferma che se c’è guadagno le famiglie di ‘ndrangheta lavorano unite».

Il colonnello Carmine Virno, comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro, ha raccontato dei viaggi fatti dagli esponenti calabresi in Albania per prendere contatti e del soggiorno a Mileto di un capo albanese in attesa della consegna del denaro. L’operazione ha inoltre fatto emergere la capacità dell’organizzazione di rigenerarsi, «nonostante i sequestri e gli arresti dei corrieri il gruppo riusciva a trovare nuove leve disposte a compiere il trasporto della sostanza».

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