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I controlli della guardia di finanza

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 LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Stipendi ai dipendenti senza calcolare le effettive ore di lavoro, senza calcolo del Tfr e della tredicesima, con diverse violazioni nei confronti degli stessi lavoratori di due aziende. Lo ha scoperto la guardia di finanza del Comando provinciale di Catanzaro che ha portato a termine l’operazione “Sheffield” con l’esecuzione di misure interdittive nei confronti del gruppo imprenditoriale Argento, nel Lametino, che opera nel settore dei trasporti su strada.

Il provvedimento ha portato anche al sequestro di somme per circa 3,5 milioni di euro ed il controllo giudiziario di due società: la FMA logistica e trasporti e la GM trasporti e ecologia, entrambe situate nell’area industriale di Lamezia Terme.  

Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lamezia Terme, Emma Sonni, che ha disposto l’applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare attività d’impresa o uffici direttivi di persone giuridiche e di imprese nei confronti di: Francesco Argento, 56 anni, di Lamezia Terme; Michelino Argento, 53, di Lamezia Terme; Giuseppe Argento, 31, di Lamezia Terme; Dina Maria Argento, 30, di Cernusco sul Naviglio (MI); Alfredo Argento, 25, di Lamezia Terme; Michele Argento, 26, di Lamezia Terme, tutti componenti dello stesso nucleo familiare. 

I provvedimenti sono stati notificati dai militari del Gruppo della guardia di finanza di Lamezia Terme che hanno anche notificato il decreto applicativo della misura del controllo giudiziale delle società. Contemporaneamente, i finanzieri stanno eseguendo anche un sequestro preventivo di circa 3,5 milioni di euro, ritenuto il profitto del reato. 

Le indagini sono state coordinate dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Salvatore Curcio, e dal sostituto procuratore Giuseppe Falcone, facendo emergere che gli indagati, a partire dal 2016, sottoponevano, per lo svolgimento dell’attività di impresa delle società a condizioni di sfruttamento oltre una settantina di dipendenti approfittando del loro stato di bisogno, derivante anche dall’assenza di ulteriori opportunità occupazionali sul territorio. Inoltre, sono state corrisposte ai dipendenti retribuzioni in modo palesemente difforme dal contratto collettivo nazionale e, comunque, assai inferiori rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato.

I compensi, secondo l’accusa, venivano stabiliti dai datori di lavoro in misura fissa, a prescindere dalla effettiva attività prestata dal dipendente, senza comprendere le retribuzioni a titolo di lavoro straordinario, le indennità di trasferta, le maggiorazioni previste per il lavoro prestato nei giorni festivi, tredicesima e quattordicesima mensilità. Inoltre, agli stessi lavoratori non venivano riconosciuti più di 15 giorni annui, a fronte dei 26 giorni annui previsti. 

Lo sfruttamento veniva realizzato elaborando buste paga non in base alle reali prestazioni lavorative dei dipendenti, ma stabilendo, a monte, una retribuzione fissa mensile, per poi elaborare, a ritroso, i dati da inserirvi, tanto che ai professionisti incaricati della redazione delle buste paga veniva comunicato unicamente l’ammontare da corrispondere a titolo di retribuzione, senza avere alcuna contezza delle prestazioni svolte dai dipendenti. 

Sin dal momento della loro assunzione, veniva messo in chiaro dai datori di lavoro che tutti avrebbero percepito la somma fissa e predeterminata di euro 1.200,00 (quanto agli autisti possessori di patente categoria “C”) e di 1.300,00 euro (quanto agli autisti possessori della patente “C+E”), erogata a prescindere dalle effettive prestazioni svolte da ciascuno di loro. 

Gli stessi lavoratori non ricevevano alcuna retribuzione per le effettive ore di lavoro straordinario prestato in quanto in busta paga erano riportate solamente quattro ore per settimana in misura fissa, comprese nell’importo pre-determinato, né retribuzioni a titolo di indennità per il lavoro svolto nelle giornate di sabato e domenica. Oltre a non godere dei giorni di ferie maturati che, tuttavia, in busta paga venivano riconosciute in base alle vigenti normative, erano costretti ad accettare le indennità di trasferta in misura inferiore rispetto a quelle previste dal Contratto nazionale. 

E’ stata contestata la responsabilità amministrativa delle due società nei confronti delle quali è stato disposto il controllo giudiziario, oltre al sequestro preventivo della somma complessiva di circa 3,5 milioni di euro. 

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