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Pino Galati

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LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Il 27 marzo approderà in Cassazione il divieto di recarsi in Calabria contro l’ex parlamentare Pino Galati coinvolto a novembre scorso nell’operazione “Quinta bolgia”. Come si ricorderà, il tribunale del Riesame di Catanzaro, sostituì la misura degli arresti domiciliari con il divieto di dimora in Calabria. All’ex deputato lametino il Riesame ha riqualificato il presunto abuso d’ufficio in tentato abuso d’ufficio.

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L’ex parlamentare (difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Salvatore Cerra), in concorso con il consigliere comunale Luigi Muraca, sarebbe intervenuto sul direttore amministrativo dell’Asp di Catanzaro, Giuseppe Pugliese (all’epoca dei fatti) in virtù dei rapporti esistenti tra Galati e Pugliese anche connessi al precedente conferimento dell’incarico dirigenziale a Pugliese, per l’affidamento del servizio ambulanza da parte dell’Asp di Catanzaro al gruppo imprenditoriale ‘ndranghetistico Putrino (per gli inquirenti facente capo al gruppo Iannazzo-Cannizzaro-Daponte).

I giudici del Riesame, nelle motivazioni che hanno disposto il divieto di venire in Calabria a Galati, scrivono che sulle esigenze cautelari, il collegio «concorda con il primo giudice, laddove ha ravvisato la sussistenza di quelle attinenti al pericolo di reiterazione della condotta delittuosa, valorizzando, al riguardo, il ruolo che l’on. Galati ha svolto negli ultimi 20 anni nella politica nazionale, sempre ancorato al territorio lametino, dove, secondo quanto riferito da diversi collaboratori di giustizia, aveva trovato l’appoggio elettorale delle consorterie mafiose, sia per se stesso che per soggetti a lui legati dalla comune appartenenza al medesimo gruppo politico».

«La specifica vicenda in esame – scrivono ancora i giudici – ad avviso del collegio, rivela in tutta la sua rilevanza la posizione dell’on. Galati nella gestione degli affari riconducibili direttamente o indirettamente, a soggetti gravitanti in ambienti della criminalità organizzata, poichè è intervenuto, facendo pesare, nei confronti di soggetto al vertice dell’Asp, tutta la sua caratura politica per dare sfogo e rilievo amministrativo a illegittime pretese provenienti da soggetto di conclamata vicinanza ad associazione mafiosa».

Per giudici «se quella rappresentata è la situazione che traspare dall’analisi della vicenda in esame, deve potersi ritenere sussistente il pericolo di reiterazione della condotta delittuosa, poichè la figura politica dell’on. Galati, quantunque non rieletto nella tornata elettorale di marzo 2018, rimane inalterata nell’ambito del territorio del lametino, ma anche regionale, potendo, comunque, vantare ancora un seguito elettorale di tutto rispetto che, nel corso del tempo, si è tradotto anche nel fornire contributo alla nomina e collocazione di soggetti “contigui” al gruppo politico di appartenenza, in posti di rilievo amministrativo e regionale di enti pubblici della Regione Calabria, e ai quali, quindi, potrà richiedere il “conto” per favorire iniziative “imprendibili” di soggetti già sostenitori dell’on. Galati ovvero dai quali potrebbe ricevere appoggio per incrementare il bacino elettorale, personale o anche del gruppo politico di militanza, e riprendere, anche a livello locale, il suo primario ruolo nella politica lametina e regionale».

Per i giudici, inoltre, il divieto di dimora in Calabria «conduce a spezzare il legame dell’on. Galati con il territorio regionale e, in particolare, di quello lametino, dove lo stesso ha la sua roccaforte politica e si rivela più permeabile a interferenze illecite provenienti da sogetto che, per oltre venti anni, ha mantenuto inalterata una influenza nell’attività amministrativa della Regione Calabria».

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