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Mimmo Tallini

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La sentenza d’Appello del processo “Farmabusiness”: confermata l’assoluzione dell’ex presidente del consiglio regionale Mimmo Tallini

CATANZARO – Il sostituto procuratore generale Domenico Guarascio aveva chiesto la condanna a sette anni e otto mesi di reclusione per l’ex presidente del consiglio regionale Mimmo Tallini, assolto in primo grado, ma la Corte d’Appello ha confermato la sentenza nei suoi confronti, ritoccando di poco la parte del verdetto inflitto dal gup distrettuale nel processo cosiddetto Farmabusiness.

In Appello, oltre a quella per Tommaso Patrizio Aprile, anche lui scagionato in primo grado, si aggiungono anche un’altra assoluzione, quella per Santo Castagnino, che era stato condannato a 10 anni e 8 mesi, e qualche sconto di pena. Parliamo del processo in cui è sfociata l’inchiesta che nel novembre 2020 portò all’operazione con cui la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri riteneva di aver dimostrato che la cosca Grande Aracri di Cutro sarebbe riuscita a infiltrarsi in maniera sofisticata nel redditizio mercato farmaceutico grazie all’appoggio del noto politico catanzarese ai tempi in cui era assessore regionale al Personale, anche se poi è stato assolto dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso.

L’inchiesta, condotta dal pm Guarascio, che ha sostenuto l’accusa in primo grado ed è stato applicato anche in Appello, avrebbe delineato i nuovi assetti del clan i cui vertici erano stati decapitati dopo l’operazione Kyterion del gennaio 2015. Tra le condanne confermate spicca quella a 2 anni e 8 mesi di reclusione per l’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss ergastolano Nicolino, e tra quelle rideterminate balza all’attenzione quella per il nipote del capo cosca, Salvatore Grande Aracri, ritenuto l’ideatore dell’affare, per il quale la pena di 11 anni e 4 mesi scende a 11 anni.

Pena rideterminata anche per la moglie del mammasantissima, Giuseppina Mauro, da 14 anni a 13 anni e 8 mesi, e per la figlia Elisabetta, da 14 a 8 anni. La pena più elevata resta quella per Domenico Scozzafava, l’antennista di Sellia Marina portatore di voti di Tallini e pertanto ritenuto la figura cerniera tra ‘ndrangheta e politica, ma anche per lui c’è una riduzione: da 16 anni a 11 anni e 8 mesi. Intrusioni del clan anche nella green economy: la conferma della pena è stata disposta per Giuseppe Ciampà, condannato in primo grado a 10 anni e 8 mesi, il quale si sarebbe occupato del commercio di cippato da destinare alle centrali a biomasse, sfruttando false fatturazioni e consegnando denaro direttamente al boss Grande Aracri, alla moglie e alla figlia.

Cade, invece, l’ipotesi dei tentacoli anche sul gaming, a cui, secondo l’accusa, era preposto Santo Castagnino, mesorachese, con l’imposizione di videopoker: è stata accolta la tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Salvatore Perri, della sua estraneità all’affare delle macchinette su cui hanno fatto luce altri processi.

Pena confermata anche per il commercialista del clan, Leonardo Villirillo, a 10 anni e 8 mesi; per il commercialista romano Paolo De Sole che era stato condannato a 8 anni e 4 mesi; per Donato Gallelli, di Catanzaro, condannato a 4 anni; per il cugino omonimo di Salvatore Grande Aracri condannato a 10 anni e 8 mesi; per Pancrazio Opipari, di Sellia Marina, condannato a 8 anni e 6 mesi; per Salvatore Romano, genero di Ernesto Grande Aracri, fratello del boss, condannato a 11 anni e 4 mesi; per il catanzarese Maurizio Sabato, condannato a 2 anni e 8 mesi.

Le indagini condotte dai carabinieri dei Reparti operativi di Crotone e Catanzaro si erano incentrate, si ricorderà, sul consorzio Farma Italia e la società di capitali collegata Farma Eko, i cui management sarebbero stati direttamente controllati dalla cosca.

Tallini, secondo gli inquirenti, avrebbe speso il suo ruolo di assessore regionale per favorire la conclusione dell’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività del consorzio riconducibile alla cosca Grande Aracri, ovvero la commercializzazione all’ingrosso di prodotti farmacetuci e parafarmaceutici; una tesi che però non regge neanche in Appello. Fu costituito un network con una ventina di punti vendita in Calabria, due in Puglia e uno in Emilia.
Gli imputati erano difesi anche dagli avvocati Luigi Colacino, Vincenzo Ioppoli, Mario Nigro, Carlo Petitto, Sergio Rotundo, Gianni Russano, Salvatore Staiano, Gregorio Viscomi.

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