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CATANZARO – Un controllo «assoluto e asfissiante sul territorio». Era quello che esercitava la cosca Iozzo-Chiefari sul territorio di Torre di Ruggiero e Chiaravalle Centrale, sgominata stamani dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro (LEGGI LA NOTIZIA). A dirlo è stato il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri incontrando i giornalisti per illustrare i dettagli dell’operazione Orthrus. Ma non solo.

Secondo la Dda il potere della cosca Chiefari si estendeva fino ad influenzare il voto. E ad approfittarne, per l’accusa, era stato Giuseppe Pitaro, di 55 anni, ex sindaco di Torre Ruggero, per il quale la Dda aveva chiesto l’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa, respinto dal Gip. Al riguardo l’accusa ha annunciato che intende proporre appello.

«Pitaro – ha detto Gratteri – è stato sindaco dal 2006 al 2015. Abbiamo chiesto la custodia cautelare in carcere, che non è stata data. Stiamo leggendo la motivazione del gip e sicuramente faremo appello su questa decisione. A noi risulta dalle indagini che è stata chiusa in una cassaforte del Comune un’interdittiva antimafia. Non solo. Durante un comizio per la campagna elettorale, sul palco, a fianco del sindaco, c’era il capomafia del paese, Antonio Chiefari. Se noi sappiamo cosa vuol dire la gestualità della mafia, il mafioso non ha bisogno di parlare. Ma essere o non essere in un determinato posto ha la sua rilevanza. Vuol dire fare una scelta di campo. Il capomafia la scelta di campo l’ha fatta. Se era lì ed era salito su quel palco sapeva di cosa si stava parlando. Stava partecipando alla campagna elettorale. E se stava partecipando alla campagna elettorale allora di cosa c’è bisogno? Questo non ha rilevanza penale? E’ un fatto di folklore o un comportamento di mafia?».

Sulla vicenda riguardante Pitaro è intervenuto anche il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto. «Noi – ha detto – stiamo cercando di aggredire quella che è la cosiddetta zona grigia in quanto siamo assolutamente persuasi del fatto che gli ‘ndranghetisti da soli, senza la collusione di imprenditoria e politica, non avrebbero determinato i danni che stanno determinando. Stiamo cercando di chiudere una forbice, che evidentemente esiste, tra ciò che la gente sente come penalmente rilevante e ciò che i giudici continuano a non considerare. L’esempio dell’amministratore comunale è emblematico perché non solo il boss sale sul palco durante una manifestazione elettorale ma, ancora, abbiamo registrato degli atti tendenti a favorire la consorteria dei Chiefari come nel caso di questa stranissima mancata applicazione di misura interdittiva che rimane nella cassaforte del Comune, non si sa per quale ragione. Ci sono poi una serie di appalti che vengono concessi con procedura di somma urgenza a imprese collegate ai Chiefari».

«Sono state delineate – ha detto infine il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla – dinamiche tra chi svolge attività istituzionale e appartenenti alle cosche».

La posizione di Pitaro

In un comunicato, Pitaro ha respinto ogni accusa: «Ho svolto le funzioni di sindaco del Comune di Torre di Ruggiero dal 2006 al 2015 fronteggiando le varie problematiche di un piccolo borgo dell’entroterra calabrese nel pieno rispetto del principio di legalità. Apprendo ora, con profondo dispiacere – afferma – che nell’inchiesta denominata “Orthrus” compare il mio nome, ma, al contempo, mi compiaccio che il Gip, dopo avere esaminato la mia posizione, abbia accertato e riconosciuto la mia totale estraneità ai fatti oggetto dell’indagine».

«Negli anni in cui ho svolto la funzione di sindaco – dice ancora Pitaro – ho profuso il mio impegno per dare una mano ad una comunità angustiata da tante criticità vecchie e nuove e l’ho fatto attenendomi scrupolosamente alle prerogative in capo all’organo politico e senza mai travalicarle, cosi come ha accertato il Gip nel suo provvedimento. La mia biografia, assolutamente specchiata – ha concluso l’ex sindaco – mi porta ad apprezzare le iniziative giudiziarie di contrasto al fenomeno criminale, pur segnalando, tuttavia, l’esigenza costituzionale che siano esaminate con il dovuto rigore le singole posizioni processuali al fine di non scalfire la dignità di persone distanti anni luce da illegalità e comportamenti ripugnanti».

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