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Il tribunale di Lamezia Terme

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LAMEZIA TERME – Lavoratori sfruttati anche 9 ore al giorno di lavoro nei campi per 30 euro. Anche questo emerge da un’inchiesta contro il caporalato della Procura della Repubblica di Lamezia Terme che ha spedito i finanzieri da due imprenditori operanti nel settore vitivinicolo indagati per sfruttamento dei propri dipendenti. Gli imprenditori, Salvatore Lento e Manuela Lento (padre e figlia) sono stati raggiunti da un avviso di conclusione delle indagini.

Le attività investigative, svolte dalla Guardia di Finanza di Lamezia, avrebbero consentito di far emergere che i due indagati, nella loro qualità di amministratori della società cooperativa Cantine Lento e Tenute Lento srl, avrebbero impiegato manodopera per le loro imprese, sottoponendo tredici lavoratori a condizioni di sfruttamento (corrispondendo retribuzioni – stando alle accuse – in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali e con la reiterata violazione della normativa nazionale relativa all’orario di lavoro ed alle ferie) ed approfittando del loro stato di bisogno, derivante dall’assenza di diverse opportunità occupazionali sul territorio.

Le indagini sono state avviate a seguito di una denuncia presentata alla Finanza da una delle vittime di sfruttamento ed hanno abbracciato l’arco temporale 2016-2021. Dalle indagini sarebbe emerso il solito cliché che sovente gli imprenditori di questo territorio adottano per l’impiego del personale: lavoro nero oppure retribuzioni inferiori rispetto a quelle previste dal Ccnl. In quest’ultimo caso, lo sfruttamento sarebbe stato anche “mascherato” ad arte. In particolare, gli elementi certificati in busta paga non corrispondevano alle reali prestazioni lavorative dei dipendenti, ma – per gli inquirenti – avevano lo scopo di dare fornire una parvenza di regolarità in caso di eventuali controlli degli organi competenti, poiché risultava una corrispondenza tra salario erogato e documentato in busta paga con i pagamenti effettuati. I dipendenti sarebbero stati quindi costretti a lavorare per 8/9 ore al giorno nei campi per 30 euro al giorno, prestazioni per le quali avrebbero dovuto percepire al netto circa 50 euro.

Ai lavoratori sfruttati, inoltre, sarebbero state concesse solo due settimane di ferie all’anno a fronte delle quattro previste ed in alcuni casi i periodi di ferie non sarebbero state nemmeno retribuiti.

I racconti dei lavoratori agli inquirenti, fanno emergere, ancora una volta la drammaticità delle condizioni che oggi, nel 2023, sono costretti ad accettare per potersi garantire un minimo di reddito, anche se gli indagati devono ritenersi innocenti fino a un’eventuale condanna passata in giudicato.

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