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La clinica Sant'Anna di Catanzaro

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CATANZARO – Avrebbero falsificato i ricoveri in terapia intensiva coronarica per ottenere rimborsi dal servizio sanitario regionale. Un incasso di 10,5 milioni di euro con oltre mille falsi ricoveri.

Il nuovo scandalo della sanità calabrese travolge la casa di cura “Villa Sant’Anna”, considerata un’eccellenza nel sistema sanitario privato, un’alta specialità per il trattamento e la cura delle malattie cardiovascolari riconosciuta a livello internazionale. Invece, secondo le accuse della Guardia di finanza, la clinica avrebbe falsificato persino l’esistenza del reparto Utic destinato ai pazienti più gravi.

L’operazione “Cuore matto” è stata condotta dal comando provinciale della Guardia di finanza di Catanzaro ed ha portato all’esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Gaia Sorrentino, su richiesta della Procura della Repubblica guidata da Nicola Gratteri.

Indagati i manager della clinica

Il provvedimento ha portato all’interdizione di dodici mesi per il management della casa di cura e al sequestro di beni per un valore di 10,5 milioni di euro. L’interdizione e il sequestro sono stati notificati a Rosanna Frontera, 56 anni, di Catanzaro, legale rappresentante della casa di cura; Giuseppe Failla, 65 anni, di Catanzaro, direttore generale della clinica; Gaetano Muleo, 75 anni, di Catanzaro ma residente a Perugia, direttore sanitario della casa di cura dal 2010 e fino ad agosto 2019. Tutti personaggi molti noti a Catanzaro, da anni impegnati nella gestione di una fetta importante del sistema sanitario calabrese.

Indagini avviate da un anno

L’indagine è stata avviata all’inizio del 2019 dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza catanzarese ed è stata affidata ai pubblici ministeri Vito Valerio e Chiara Bonfadini, con il coordinamento del procuratore aggiunto Giancarlo Novelli e la direzione del procuratore della repubblica Nicola Gratteri.

Nei confronti di Frontera e Failla è stata disposta la misura cautelare personale del divieto temporaneo per 12 mesi di esercitare attività professionali o imprenditoriali, anche con riferimento a incarichi direttivi di persone giuridiche. Entrambi sono indagati per reati di truffa aggravata e continuata ai danni del servizio sanitario e frode nelle pubbliche forniture.

Nei confronti della clinica “Sant’Anna”, di Frontera, Failla e Muleo è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, delle somme di denaro profitto dei reati contestati, per un importo totale di oltre 10,5 milioni di euro.

L’Utic mai attivato

Le indagini hanno interessato la gestione del reparto di “unità terapia intensiva coronarica” (Utic), ufficialmente attivo nella clinica “Sant’Anna”, ma che, in realtà, non sarebbe mai entrato in funzione.

Sin dal 2013, infatti, la casa di cura era accreditata al servizio sanitario regionale alla gestione di posti-letto Utic, destinati al trattamento delle patologie cardiache acute, che richiedono monitoraggio continuo e costante dei parametri vitali, in soggetti con gravi scompensi cardiaci.

Al termine delle attività di indagine, invece, è emerso che il reparto Utic di “Villa Sant’Anna” non era mai stato concretamente avviato, risultando privo di attrezzature conformi agli standard del servizio Utic e del personale medico e paramedico adeguatamente preparato e in numero idoneo a garantire un’efficace turnazione e assistenza “h24”.

I pazienti cardiologici acuti venivano assistiti e trattati non nel reparto Utic, come sarebbe dovuto accadere, ma nei reparti di “cardiologia” o di “unità terapia intensiva post-operatoria”, mentre i posti letto ufficialmente destinati al reparto Utic ospitavano ricoveri ordinari.

In questo modo, la casa di cura è riuscita a ottenere tra il 2013 e il 2019 dal servizio sanitario regionale, secondo l’inchiesta, un illecito profitto di oltre 10 milioni di euro, ed esattamente 10.564.934,10 euro, somma per la quale il Gip del tribunale di Catanzaro ha disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca, anche per equivalente, trattandosi del profitto dei reati contestati in concorso, ai tre manager della struttura.

Minacce ai medici

I responsabili risultano indagati anche per il reato di “violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato”, in quanto, una volta appreso dell’esistenza dell’indagine in corso da parte della guardia di finanza, avrebbero minacciato alcuni medici in servizio nella casa di cura, “avvisandoli” che sarebbero andati incontro a conseguenze sul piano lavorativo e personale, nel caso in cui non avessero ritrattato o quantomeno rimodulato le dichiarazioni rilasciate alla polizia giudiziaria circa il mancato funzionamento del reparto Utic.

Asp e Regione dovevano controllare

Le indagini mirano ora ad accertare anche i ruoli avuti nella vicenda da altri dipendenti della clinica, oltre che le responsabilità in seno all’Azienda sanitaria provinciale e alla Regione Calabria che avrebbero dovuto verificare gli accreditamenti della struttura privata.

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