X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

PARLA di un mondo «soggetto a rapidi mutamenti», Benedetto XVI, nell’annunciare ai cardinali che il 28 febbraio alle ore 20 lascerà il soglio pontificio «nella certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino» e che alla luce delle «questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo. Vigore che ha aggiunto Ratzinger, «negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato».

Ma della frenesia del mondo il Papa aveva già parlato più volte e una su tutte era entrata nell’immaginario collettivo, vista la suggestione indotta dal luogo in cui quell’espressione è stata pronunciata. Era il 9 ottobre 2011 e Joseph Ratzinger, in appendice alla visita alla diocesi di Lamezia Terme aveva espressamente voluto che fosse prevista una tappa nella certosa di Serra San Bruno, fondata dal suo connazionale Bruno da Colonia. Dopo essere arrivato in elicottero, Benedetto XVI parlò alla popolazione del paese e poi, come il suo predecessore Giovanni Paolo II, oltrepassò la soglia della clausura.

E se i monasteri sono i luoghi dell’isolamento, la certosa è per eccellenza il luogo del silenzio. Il Papa lo ha sottolineato. E nel recitare il vespro con i monaci, ha anticipato quello che oggi è diventato uno dei temi delle sue inattese dimissioni: «Il progresso tecnico, segnatamente nel campo dei trasporti e delle comunicazioni, ha reso la vita dell’uomo più confortevole, ma anche più concitata, a volte convulsa».

Benedetto XVI ha ricordato che «sempre più, anche senza accorgersene, le persone sono immerse in una dimensione virtuale, a causa di messaggi audiovisivi che accompagnano la loro vita da mattina a sera» e che «i più giovani, che sono nati già in questa condizione, sembrano voler riempire di musica e di immagini ogni momento vuoto, quasi per paura di sentire, appunto, questo vuoto. Si tratta – ha aggiunto – di una tendenza che è sempre esistita, specialmente tra i giovani e nei contesti urbani più sviluppati, ma oggi essa ha raggiunto un livello tale da far parlare di mutazione antropologica. Alcune persone non sono più capaci di rimanere a lungo in silenzio e in solitudine». E lui, Joseph Ratzinger, oggi ha confermato di non appartenere a questa categoria di persone.

Da qui l’ammirazione per la certosa, «un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, un dono che contiene un messaggio profondo per la nostra vita e per l’umanità intera. Lo riassumerei così: ritirandosi nel silenzio e nella solitudine, l’uomo, per così dire, si “espone” al reale nella sua nudità, si espone a quell’apparente “vuoto” cui accennavo prima, per sperimentare invece la Pienezza, la presenza di Dio, della Realtà più reale che ci sia, e che sta oltre la dimensione sensibile». Un’esperienza, quella del silenzio, alla quale Joseph Ratzinger ha deciso di dedicare le ultime fasi della sua vita

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE