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CATANZARO – Ventidue dipinti, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, raccontano a Roma, nella splendida cornice di Palazzo Corsini, il periodo giovanile di Mattia Preti, detto anche il “Cavaliere Calabrese”.

Dal 28 ottobre al 18 gennaio, le opere consentiranno di ricostruire un periodo ancora oscuro della lunga e acclamata carriera del pittore che mosse i primi passi nella Roma caravaggesca.

La rassegna è stata presentata oggi: “Mattia Preti: un giovane nella Roma dopo Caravaggio” vuole riproporre in un serrato confronto con i capolavori conservati nella Galleria Nazionale d’Arte Antica (primo fra tutti il “San Giovanni Battista” di Caravaggio) i risultati degli ultimi anni di studi, stimolati anche dalle celebrazioni del terzo centenario della morte, costellate da mostre e pubblicazioni.

L’iniziativa è stata ispirata da Vittorio Sgarbi, mentre la curatela è stata affidata a Giorgio Leone, che con questa occasione ha iniziato a rivedere la cronologia di molte tele di Preti. Tra le opere esposte anche “Il soldato” del Museo civico di rende.

«La prima opera sicuramente attribuibile al Cavaliere Calabrese, tra quelle realizzate a Roma, è datata 1649, ma la sua venuta nella città eterna è di molti anni prima, secondo alcuni fonti attestabile addirittura al 1624, quando aveva solo 11 anni, ma più probabilmente nel 1630-’31, in compagnia del Fratello Gregorio», dice Leone, sottolineando come il pittore seicentesco fosse stato un genio molto precoce, «un ragazzo prodigio», e capace di dipingere in giovinezza esattamente nello stesso modo che nella maturità.

«Mattia Preti è un pittore critico – ha aggiunto – guarda e ricorda e ci mette in grave imbarazzo», perché, durante tutta la sua lunga attività creativa, le suggestioni poussiniane si alternano a quelle di caravaggesche o classiciste.

La Roma dei primi decenni del ‘600, ha spiegato Sgarbi, era quella segnata dall’opera di Michelangelo Merisi, i maggiori artisti europei vi si recavano proprio per scoprire i suoi capolavori. Quando arriva Mattia, però, la leggenda di Caravaggio era già un pò «sfilacciata» e il giovane artista di Taverna vi si avvicina attraverso l’opera di Vouet e dei caravaggeschi nordici. L’incontro con Caravaggio è però decisivo, prosegue lo studioso, ne diventa idealmente l’alterego, anche se, rispetto al Merisi, la sua è una «pittura di teatro, spettacolare, celebrativa», assimilabile alle grandi composizioni sceniche di Veronese.

«Tra le opere esposte nella Galleria di Palazzo Corsini – ha concluso la direttrice del Segretariato regionale del Mibac Daniela Porro – sono presenti alcuni interessanti inediti e veri capolavori della produzione giovanile dell’artista, divisa tra committenze private e prime affermazioni pubbliche»: dal “Soldato” del Museo Civico di Rende al “Sinite Parvulos” e il “Tributo della moneta” di Brera, per la prima volta messi a confronto con il “Tributo” della Galleria Corsini, dalla ‘Negazione di Pietrò di Carcassonne alla “Fuga da Troia” di Palazzo Barberini fino al “Miracolo di San Pantaleo”, probabilmente la prima committenza pubblica romana.

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