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Eugenio Facciolla

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COSENZA – Ha parlato per quasi quattro ore, in equilibrio sul filo della commozione e della rabbia, proclamandosi vittima «di un omicidio professionale». Parole durissime quelle di Eugenio Facciolla, riecheggiate ieri nel tribunale di Salerno durante l’anticamera del processo che lo vede sotto accusa per falso e corruzione.

L’ex procuratore di Castrovillari, già pm antimafia a Catanzaro, ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee, contestando punto per punto tutte le accuse mosse nei suoi riguardi prima che il giudice dell’udienza preliminare decida in merito al suo eventuale rinvio a giudizio e a quello degli altri imputati. Facciolla, infatti, rischia l’incriminazione a causa di affidamenti per oltre 700mila euro disposti dal suo ex ufficio nella città del Pollino in favore della “Stm srl” – azienda specializzata nel noleggio di attrezzature per attività intercettive – che in cambio gli avrebbe messo a disposizione un telefonino e installato un sistema di videosorveglianza sotto la sua abitazione cosentina.

Al riguardo, il diretto interessato si è difeso con i denti: «Non ho mai esercitato l’attività di magistrato per denaro» ha affermato, adducendo a riprova il fatto che negli ultimi anni la Guardia di finanza abbia passato al setaccio tutti i suoi conti correnti senza rilevare anomalie. Ha evidenziato, inoltre, che gli accertamenti eseguiti sul suo conto hanno riguardato persino l’acquisto di un’automobile nel 1990, epoca in cui indossava ancora la toga da avvocato. Con lui sono alla sbarra anche il maresciallo dei carabinieri forestali, Carmine Greco e i titolari della stessa Stm, Marisa Aquino e suo marito Vito Tignanelli – agente di polizia stradale legato a Facciolla da rapporti ventennali – entrambi già noti per il loro coinvolgimento nell’affaire Exodus, il sofware spia che per via di un difetto di fabbrica potrebbe aver messo a rischio i segreti delle Procure di mezz’Italia.

L’inchiesta ha origine un anno e mezzo fa, mentre la Procura antimafia di Catanzaro indaga sui rapporti pericolosi tra la ‘ndrangheta e Greco, un tempo stretto collaboratore di Facciolla, ma ora sotto processo anche a Crotone per concorso esterno in associazione mafiosa. Gli accertamenti disposti all’epoca sul conto del sottufficiale fanno emergere dubbi di irregolarità a carico del procuratore di Castrovillari, tra cui gli incarichi alla Stm e una serie di presunte falsificazioni di atti d’indagini che, in seguito, indurranno l’ufficio di Nicola Gratteri a inviare la documentazione del caso a Salerno, competente per indagini a carico di magistrati del distretto di Catanzaro.

Al riguardo Facciolla non ha mai pronunciato il nome di Gratteri, ma «al procuratore di Catanzaro» ha contestato di non essere stato così tempestivo nella trasmissione degli atti ad altra Procura e di aver continuato a indagare, dunque, fuori dal recinto stabilito dal codice. E per rafforzare il concetto, con un colpo a effetto ha fatto accenno anche a presunti pedinamenti eseguiti a carico di un pubblico ministero in servizio nella Procura di Cosenza. Dichiarazioni scottanti che hanno fatto il paio anche con quelle che, a suo avviso, sarebbero le ragioni dei dissapori con il suo collega del capoluogo: la volontà, da parte di quest’ultimo, di istituire un server presso la Procura catanzarese in cui far confluire le intercettazioni di tutte le Procure del Sud Italia. In passato, il tema sarebbe stato oggetto di un confronto tra procuratori durante il quale diversi presenti – tra cui lo stesso Facciolla – avrebbero evidenziato i rischi di quest’operazione, compresa la dichiarazione di nullità delle stesse intercettazioni, facendo così arrabbiare il proponente. Un accenno lo ha riservato anche alla vicenda Palamara, tra rivendicazioni e ammiccamenti, perché in quelle chat – ha spiegato – il suo nome «non compare mai», a differenza invece di «quello di altre persone».

Dichiarazioni torrenziali e in stile libero, insomma, anche se lo stesso si è detto disponibile a rispondere a eventuali domande da parte del giudice. Qualora il gup non lo ritenga opportuno, alla ripresa dei lavori, il 13 luglio, si procederà direttamente con la requisitoria d’accusa. Prima della fine, è arrivato quel riferimento drammatico alla propria condizione umana e lavorativa: l’indagine salernitana, poi il provvedimento del Csm che per motivi disciplinari lo ha declassato a giudice civile. È tutta lì, a suo avviso, la dinamica del «suo omicidio professionale», qualcosa di cui – ha ammonito – «prima o poi qualcuno dovrà rendere conto».

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