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La sede dell'Asp di Cosenza

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COSENZA – Fatture duplicate e, dunque, liquidate due volte. È il tema dell’inchiesta sulla sanità cosentina che, negli ultimi due anni, ha innescato una serie di visite delle fiamme gialle negli uffici dell’Asp di via Alimena per consultare e acquisire documenti di spunto investigativo come atti relativi a pagamenti effettuati in favore di creditori, in particolare cliniche private. Si ipotizza che tra contenziosi e cessioni di crediti “sospetti”, la cifra al vaglio degli inquirenti sia di svariati milioni di euro. Le verifiche, dicevamo, riguardano soprattutto i contenziosi con cliniche private e altri fornitori per i quali l’Azienda è risultata oggetto di cause legali conclusesi quasi sempre con pignoramenti. In diverse occasioni le cliniche hanno ceduto i loro crediti a società di factoring, monetizzando così parte delle somme che avanzavano dall’Asp.

Fin qui nulla di strano, ma il sospetto è che mentre le società finanziarie portavano all’incasso i loro crediti, le esecuzioni dei pignoramenti intentati dalle stesse cliniche non si arrestavano, bensì andavano avanti con il placet degli uffici giudiziari. Morale della favola: lo stesso debito sarebbe stato pagato per due volte.

Questi e altri sospetti sembrano aver trovato ulteriori conferme nei mesi scorsi grazie ad alcune intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito dell’inchiesta “Sistema Cosenza”, quella sui bilanci allegri delle Asp. Spiando le conversazioni degli indagati, però, i finanzieri hanno acquisito informazioni preziose anche sul capitolo fatture fantasma e, in tal senso, alcune affermazioni suonano come vere e proprie confessioni stragiudiziali. I dirigenti intercettati commentano proprio l’iperattivismo dei finanzieri che frugano nei conti dell’Asp, cercando laddove possibile di associare una fattura a ogni voce di spesa.

Le fatture, però, non si trovano semplicemente perché «non ci sono», ammette una dirigente intercettata. Anzi, in diversi casi mancherebbero addirittura i contratti stipulati a monte con cliniche e fornitori.

«È un anno che dico a tutte le Direzioni che queste strutture non hanno i requisiti, e tutti se ne stanno fottendo» se ne lamenta la donna. E non solo. In una captazione si commenta una causa legale intentata da una clinica all’Asp e giunta ormai alla fase di ottemperanza: l’Azienda, dunque, è obbligata a pagare senza se e senza ma, ma in precedenza ha rinunciato a opporsi in giudizio. «Eppure questa causa la vincevano in un secondo» spiega la dirigente, puntando il dito contro alcuni suoi colleghi non meglio identificati che, a suo dire, sono responsabili di questi presunti orrori gestionali. «Non è stato fatto niente per anni – aggiunge – Abbiamo pagato cose che non dovevano essere pagate, controlli non fatti, certificati antimafia non richiesti, extra budget, però a questi non è successo niente perché erano utili al sistema».

A ben vedere, il cuore dell’inchiesta coordinata dal pm Antonio Bruno Tridico e dal procuratore Mario Spagnuolo è proprio questo: chiarire se si tratta di errori generati da caos amministrativo o se, invece, si tratti di davvero di un «sistema» ben rodato in cui la mano sinistra nasconde volutamente il proprio operato alla destra.

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