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Isabella Internò e Renzo Castagnini ai funerali di Denis Bergamini

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IL movente ipotizzato continua a essere quello passionale con in primo piano la storia dell’aborto, considerata come il prologo all’omicidio. Il che ci riporta agli Internò. È davvero la famiglia diabolica che tratteggia la Procura? Un ambiente attraversato da logiche arcaiche e codici d’onore distorti?

Quelle che seguono sono tutte le informazioni raccolte al riguardo dai detective castrovillaresi. Franco Internò, suo padre, era un imbianchino, titolare di un’impresa con qualche dipendente al suo servizio.

Franco Internò

Un po’ tutti i testimoni lo descrivono come persona mite e riservata, “un gran lavoratore” che gli amici chiamano mastru Franchino ma che per i clienti è Pennellino d’oro, un omaggio alla sua abilità nel mestiere. Un’esistenza ordinaria la sua, segnata da un momento di difficoltà economica per l’insorgere del lavoro nero che, a detta dei più, manda in crisi la sua piccola impresa. Mastro Franchino non si adegua all’andazzo generale e finisce per soccombere davanti alla concorrenza. Servirà un po’ di tempo prima che i suoi affari si raddrizzino, ma la sua vita e quella del suo nucleo familiare continuano a scorrere tranquille. Casellario immacolato: mai una lite, una multa, una violazione collegata all’attività lavorativa. Nulla di nulla. 

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Discorso analogo per sua moglie. Nel 1989 Concetta Tenuta non ha ancora compiuto quarant’anni. Bella, ma poco appariscente; curata ma senza necessità di ricorrere al parrucchiere, un po’ per austerity e un po’ “perché tanto i capelli le stanno sempre in piega”; Cettina – tutti la chiamano così – è mamma di due figlie poco più che maggiorenni con le quali, a detta di molti, ha un rapporto quasi alla pari, di complicità.

Isabella poi gode di libertà che molte sue coetanee dell’epoca possono solo sognare. Ha già avuto un altro fidanzato prima di Denis e frequenta l’ambiente dei calciatori fin da quando aveva quindici anni. Alcuni video di quel periodo, allegati agli atti dell’inchiesta, la immortalano all’uscita di scuola – la Ragioneria di Rende – alla guida di una Fiat Panda mentre dà un passaggio fino a casa ad alcuni maschi della sua classe. Una ragazza emancipata, insomma, in un’epoca in cui era davvero difficile esserlo. A ben vedere, non è l’unica in famiglia. Sua mamma Concetta, infatti, ha anche un fratello e una sorella – Gianni Cervesato e Assunta Trezzi – che con ogni evidenza portano cognomi diversi dal suo. Negli anni Cinquanta, i genitori si lasciano dopo averla messa al mondo e la futura nonna di Isabella, Francesca Siciliano, conosce un altro uomo con il quale, di lì a poco avrà una seconda figlia. Anche questa relazione finisce e la donna ne avvia un’altra che le regalerà una terza gravidanza. Tre figli con tre uomini diversi, quasi una sfida alle convenzioni – quelle sì un po’ arretrate – della Calabria di settant’anni fa.

Concetta Tenuta

Isabella chiama “zio” l’ultimo compagno di sua nonna, ma non trascura il suo nonno naturale che nel frattempo si è rifatto una vita e abita nel centro di Cosenza. Le giovani Internò frequentano tutti i loro parenti, anche quelli di secondo e terzo letto come una grande famiglia allargata.

Anche la zia Assunta si distingue in tema di anticonformismo. È lei che aiuta Isabella ad abortire nonostante fosse già al quinto mese, dunque oltre il limite di tre previsto dalla legge. La Trezzi si attiva per reperire la clinica londinese in cui la ragazza si recherà in seguito, e riesce a trovarla grazie all’aiuto di esponenti del Partito radicale con i quali è in contatto.

Nonna libertaria e zia pannelliana, quello degli Internò non sembra il piccolo mondo antico e crudele cucito su misura per loro dal 2013 in poi. Cos’è allora che dal 2013 in poi fa decollare questa pista?

Due testimonianze in particolare: una è quella di Tiziana Rota – moglie del calciatore Maurizio Lucchetti – che afferma di aver parlato con Isabella pochi giorni prima della tragedia. “Lo voglio mio; deve essere mio. Piuttosto che sia di un’altra preferisco che muoia” le avrebbe detto la ragazza riferendosi a Denis, reo di aver interrotto la loro relazione. “Se lo sanno l’ammazzano” è il monito che sempre Isabella avrebbe rivolto all’amica, intimandole il silenzio al passaggio di due dei suoi cugini perché “Tizia’, tu non capisci, qui c’è l’onore, la famiglia. È diverso che al Nord”.

Tutto questo la Rota lo riferisce nel 2013 e in un’intercettazione di qualche anno dopo aggiunge di aver pensato fin dal primo momento che Isabella avesse a che fare con l’omicidio di Denis. Nel 1990, però, sono proprio i coniugi Lucchetti, su iniziativa di Tiziana, a ospitare Isabella a Salerno, dove l’ex attaccante del Cosenza si è appena trasferito. Sono trascorsi pochi mesi dal dramma di Roseto, e con quell’invito, a detta di entrambi, vogliono regalare all’amica un periodo di svago per aiutarla a superare il trauma. Se erano già così convinti che fosse un’assassina, come mai le hanno aperto le porte della loro casa?

C’è poi la conversazione che Donata Bergamini sostiene di aver avuto con Assunta Trezzi, nell’estate del 1987, poco dopo l’aborto di Isabella. La sorella di Denis parla con lei al telefono e la donna le rappresenta l’esigenza di tenere all’oscuro i genitori della nipote perché “al Sud la storia sarebbe stata recepita come un grave disonore”. Anche Donata racconta tutto questo nel 2013, ma di quella telefonata aveva parlato con i magistrati già a dicembre del 1989, circa due settimane dopo la morte di suo fratello, e nella sua prima versione dei fatti non faceva alcun accenno all’onore evocato dalla zia di Isabella, ma solo alla necessità, rappresentata dalla stessa, che la nipote “proseguisse gli studi”. È anche per queste ragioni che nel 2014, sia la Procura che il gip marginalizzano queste testimonianze, reputandole “tardive” e “suggestive”. Sette anni dopo, hanno riacquistato centralità nel teorema d’accusa.

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