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I protagonisti del film "Compagni di scuola" di Carlo Verdone

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COSENZA – Nel film di Verdone si incontrano dopo quindici anni per una rimpatriata che si rivelerà amara. A Cosenza di anni ne passano trentadue, ma stavolta la location prescelta è il palazzo di giustizia perché una di loro è sotto accusa per omicidio volontario, quello di Donato Bergamini.

Compagni di scuola di celluloide nel primo caso, in carne e ossa nel secondo: sono gli ex ragazzi della Ragioneria di Rende, sezione B, quella frequentata negli anni Ottanta da Isabella Internò, l’ex fidanzata del calciatore morto il 18 novembre del 1989. È finita male, proprio come al cinema, perché due di loro – Luisa Marsico e Antonio Mazzitelli – rischiano ora l’incriminazione per falsa testimonianza.

A spingere in questa direzione, chiedendo la trasmissione degli atti in Procura, sono stati il pm Luca Primicerio e il patrono di parte civile Fabio Anselmo, con i giudici che si sono riservati una decisione che, verosimilmente, sarà resa nota il 28 aprile alla ripresa dei lavori in aula.

A inguaiare la prima sono stati i tentennamenti rispetto alle dichiarazioni da lei rese prima nel 2012 e poi nel 2017, verbali nei quali la donna riferiva del contegno tenuto dalla Internò nei giorni successivi alla tragedia di Roseto Capo Spulico. “Isabella cambiava continuamente versione – ebbe ad affermare all’epoca – una volta diceva che si era tuffato, un’altra che era scivolato. Ragion per cui non mi sembrò sincera e scadette ai miei occhi come amica”.

Considerazioni personali, in verità pure innocue, che la Marsico fa all’età di diciott’anni e che rinverdisce molti anni più tardi alla polizia giudiziaria, ma che a grandi linee non si è sentita di confermare ieri in aula. “Il punto è – ha spiegato – che ho visto troppe puntate di “Quarto grado” e “Chi l’ha visto” e ho letto troppi giornali, ormai non riesco più a distinguere un ricordo vero da una notizia appresa successivamente”. Apriti cielo. Anselmo ha azzardato l’ipotesi che a condizionarla non siano stati i rotocalchi televisivi, ma “articoli di certa stampa locale”, senza precisare quali articoli. Quale stampa.

E quando poi la testimone aggiunge di aver espresso gli stessi dubbi all’ispettore Ornella Quintieri, colei che la sentì a sommarie informazioni, ecco venire giù il diluvio. “Se l’ha detto, allora perché non è stato verbalizzato?”. Primicerio e poi la parte civile l’hanno ammonita più volte, ricordandole la falsa testimonianza è un reato. “Forse non l’ho detto all’ispettore”, ammetterà alla fine l’ex compagna di Isabella.

È poi uscita in lacrime dall’aula per far posto a Mazzitelli. Prima, però, ha parlato con lui per qualche minuto nel corridoio del tribunale, attirando così le ire sul suo collega di sedia, ieri più scomoda che mai. “Cosa vi siete detti?” lo ha incalzato ancora Anselmo. “Abbiamo parlato di cucina e pulizia della casa” ha risposto prontamente il testimone. “Cerchi di essere più credibile” lo ha redarguito il presidente della Corte.

Il questionario approntato per lui ricalcava a grandi linee quello della Marsico. Isabella era innamorata di Bergamini? E lui di lei? Quando si sono lasciati? Nell’uno e nell’altro caso è emerso che la ragazza non raccontava granché della sua vita privata, ma al netto di qualche dettaglio in più raccontato nei verbali e taciuto in aula, a far scivolare Mazzitelli è stata una fotografia: la Internò e sua madre in chiesa, davanti alla bara di Denis, e alle loro spalle un uomo. “Non so chi sia” ha risposto il testimone. E riapriti cielo.

Perché il 7 dicembre del 2017, a colloquio con la Quintieri e con l’assistente capo Pasquale Pugliese, quella figura, la stessa figura, era da lui indicata come Dino Pippo Internò, il cugino di Isabella. “E quindi come fa oggi a non riconoscerlo?”. La spiegazione è immediata: “Me l’hanno detto i poliziotti che si chiamava così, io lo conoscevo solo di vista, ma trent’anni dopo non ricordavo come fosse fisicamente”.

Anche con lui il pubblico ministero è stato inflessibile. E poco importa che anche stavolta il tema del processo – il presunto delitto d’onore – non sia stato neanche sfiorato. “Chiedo la trasmissione degli atti in Procura” ha concluso Primicerio, un epilogo che ha dato spunto a Mazzitelli per una provocazione: “Sì va bene, lo riconosco. È Dino Pippo Internò”.

A quel punto, però, in aula era piovuto già abbastanza. Nessun rilievo dai difensori Angelo Pugliese e Rossana Cribari che si sono limitati a richiamare, di tanto in tanto, pm e parte civile, invitandoli a “non intimidire i testimoni”. Le parti si sono invertite. Capita spesso, anche nei migliori processi.

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