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Il tribunale di Cosenza

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COSENZA – Non c’era Katia Stella, 40 anni da Montalto, dietro l’inferno vissuto da una quindicenne cosentina negli anni scorsi e fino a marzo del 2012. La ragazzina, infatti, era tenuta in pugno da una sedicente maga, Elisa Muharemi, serba di 43 anni, che le aveva fatto credere di essere vittima di un maleficio dal quale solo lei poteva liberarla. In tutto questo, però, Katia non era complice, bensì anche lei vittima dell’influenza diabolica della 43enne.

La montaltese ne è venuta fuori al termine di un calvario giudiziario che le ha fatto conoscere il carcere, l’onta di accuse infamanti – circonvenzione di incapace aggravato dalla minore età della vittima – e, soprattutto, si è vista strappare la figlia dal Tribunale dei minori. A distanza di poco più di un anno, però, la stessa Procura che ne aveva sollecitato l’arresto ha chiesto e ottenuto ora l’archiviazione della sua posizione perché «vittima di truffa» da parte di Elisa. Negli stessi termini, peraltro, si erano già espressi i giudici del Riesame ad aprile del 2021, annullando l’ordinanza di custodia cautelare che riguardava la Stella. In quella sede, infatti, il suo difensore, l’avvocato Gianpiero Calabrese, aveva rappresentato una lettura dei fatti ben diversa, puntando su alcune intercettazioni che rivelano come anche la sua cliente fosse soggiogata dalla fattucchiera. Al resto, ci ha pensato poi la piena confessione resa dalla serba, unica vera responsabile di questa vicenda in cui alla vittima principale, la quindicenne, se ne aggiunge ora una collaterale.

L’indagine in questione, condotta dalla Squadra Mobile, getta uno sguardo nell’abisso in cui era sprofondata la ragazzina protagonista sfortunata di questa vicenda. Nei suoi confronti, infatti, è stata messa in pratica una lunga azione soggiogatrice finalizzata a convincerla di essere vittima di sortilegi e mali terribili per liberarsi dai quali avrebbe dovuto corrispondere somme di denaro in modo sistematico.

Elisa in particolare, sarebbe stata così persuasiva da indurla ad allontanarsi dalla famiglia d’origine, spingendola finanche ad aggredire i genitori ogniqualvolta gli stessi tentavano di riportarla o di trattenerla in casa. Da loro, la quindicenne pretendeva il denaro per pagare la santona, a volte se ne impossessava contro la volontà genitoriale, ragion per cui al malcapitato padre e alla povera madre non restava che subire le minacce e le intimidazioni da parte delle due donne o la violenza fisica della ragazza che, come se non bastasse, si produceva anche in diversi atti di autolesionismo.

Gli episodi criminosi sono stati accertati anche con pedinamenti e alcune attività di intercettazione e nel corso delle perquisizioni contestuali agli arresti, i poliziotti hanno rinvenuto in casa della donna di etnia rom un libro di magia del quale la stessa si avvaleva per atterrire la minore e soggiogarla, oltre che numerose carte postepay ricaricabili su cui confluiva il denaro sottratto ai genitori. Dopo essere finita dietro le sbarre, la Muharemi aveva ammesso le proprie responsabilità del caso, ottenendo in cambio gli arresti domiciliari.

Un mese più tardi, però, è tornata dietro le sbarre perché ha contattato ancora la minore insistendo con la menata del malocchio, la ragazza l’ha denunciata e il gip ha deciso di aggravarle la misura. Da allora si trova in carcere e, nel frattempo, è stata condannata a tre anni e quattro mesi di reclusione diminuiti a tre anni dopo il processo in Appello.

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