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CORIGLIANO ROSSANO (CS) – Per lui osservare la collega percuotere un ragazzino diversamente abile era come “guardare un film porno”: una goduria. «Che schiaffo che gli ha tirato – commenta Francesco Ciccio Ritacco, alias “U’ cannibale”, parlando con l’autista del pullmino -, guarda, ti giuro, io non posso che ho fatto l’incidente al polso però che schiaffo che gli ha tirato… gli ha fatto fare tre passi, tre quattro passi indietro… cioè hai capito? Proprio… ho visto di questa maniera io sono rimasto no… però ho fatto… mamma come avrei voluto tirarglielo io uno schiaffo… a costo di farmi male al polso».

Del resto, i tratti sadici della sua personalità sono descritti dettagliatamente dal gip del Tribunale di Castrovillari, Simone Falerno, nell’ordinanza con cui, martedì scorso, ne ha disposto l’arresto insieme ad altri due educatori della onlus “Gocce nel deserto”: le sue condotte erano connotate da «una particolare violenza e crudeltà», mediante le quali instaurava «un vero e proprio clima di terrore tra i ragazzi, al fine di consolidare il proprio potere all’interno della struttura, alternando minacce, aggressioni vere e proprie», al punto da lasciare interdetto anche il resto del personale.

Proprio lui che, in virtù del suo compito, avrebbe dovuto prendersi cura degli ospiti del Centro e delle loro fragilità psichiche, e che invece ne faceva il bersaglio preferito su cui sfogare i propri istinti più feroci. Ma ce n’era uno in particolare, che odiava al punto da vessarlo continuamente: sempre all’autista confida, ignaro di essere intercettato, di averlo «appiccicato al muro» e che, al suo tentativo opporre resistenza, di averlo afferrato per le mani dicendogli «oggi ti spezzo i polsi».

«Lo mando all’ospedale… io gliel’ho detto – racconta -, e già ho pensato come devo fare… Luciana gli ha fregato una “chianetta” (schiaffo, ndr), io gliene frego sei». Un ragazzo problematico che, secondo lui, poteva essere “tenuto a bada” soltanto così. Molteplici le circostanze in cui viene ripreso dalle telecamere mentre lo picchia per costringerlo a stare in silenzio, gli pratica la “terapia del dolore” («Confermami che sei sicuro tre volte», «Dammi questa dai, che devo, bisogna farle tutte e due le mani, non una sola… le mani sono due, le devo rompere tutte e due»), lo insulta chiamandolo “ciotarello” (stupido, ndr), “deficiente”, e intonando motivetti per schernirlo.

Altrettanto efferati erano i metodi applicati nei confronti di un disabile che si rifiutava di farsi disinfettare le mani al quale, dopo aver intimato di togliersi la felpa («Non è un buon segno quando mi levo la felpa, te lo dico subito»), stringeva con forza le dita della mano e operava una torsione del polso costringendo la vittima ad accasciarsi a terra per evitare ulteriori sofferenze. Una volta caduto, lo sollevava con forza e, dopo averlo fatto sedere, lo bloccava premendo con forza il ginocchio sulla sua gamba: «Dov’è papà?», chiedeva il ragazzino, spaventato.

Domattina alle 10, Francesco Ritacco e altri due dei 5 indagati compariranno davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia: sarà l’occasione per spiegare il perché – se c’è – di tanta violenza.

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