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Ci sono aspetti incomprensibili in questa assurda e dolorosa vicenda, la mamma e la nonna dei due bimbi ricoverati all’ospedale di Cosenza sono indagate per maltrattamenti e lesioni e verranno ascoltate dal gip


COSENZA – Udienza di convalida domani (3 febbraio 2025), davanti al gip Carla D’Acunzo della procura di Paola e il gip Alfredo Cosenza della procura della città dei Bruzi, per la mamma e la nonna dei due bambini ricoverati all’Annunziata di Cosenza, indagate per maltrattamenti e lesioni. Dopo il decreto d’urgenza che ha disposto l’allontanamento delle donne dai due minori, entrambi di Paola, e il trasferimento del più piccolo nel nosocomio cosentino dove già si trovava il fratellino, lunedì si chiarirà meglio la posizione delle due indagate sulle quali grava il sospetto di aver usato violenza o di aver consentito ad altre persone di maltrattare i piccoli fino a provocarne ripetute fratture e lesioni su varie parti del corpo.

Il compagno della mamma, attualmente agli arresti domiciliari perché coinvolto nell’operazione “Affari di famiglia”, non sarebbe raggiunto ancora da nessun provvedimento che lo colleghi a questa storia.
Il più piccolo dei fratellini, un anno e mezzo appena, ieri mattina è entrato in sala operatoria insieme al suo tutore, il primario del reparto di Chirurgia pediatrica dell’ospedale dell’Annunziata Fawzi Shweiki, per intervenire su una frattura scomposta al braccio e tutto è andato secondo quanto previsto dal medico. Le condizioni del bambino sono più che soddisfacenti e si prevede un normale decorso post operatorio.

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Anche ieri i due bambini sono stati seguiti e supportati dalle assistenti sociali e dalla psicologa infantile che dopo il decreto di allontanamento della madre e della nonna, sono entrate in azione per rendere il distacco dai loro familiari, il meno traumatico possibile. Distacco che con il passare dei giorni diventa, però, sempre più evidente e problematico sul piano affettivo. Ed è inevitabile interrogarsi su alcuni aspetti di questa dolorosa vicenda, che alla luce dei fatti emersi, appaiono incomprensibili.

Il primo: perché i medici delle strutture ospedaliere che hanno visto già nei mesi scorsi i bambini, non hanno segnalato il caso alle autorità competenti? Perché chi aveva sotto gli occhi questi bambini non é mai intervenuto? Sono sempre stati in casa o frequentavano, per esempio, un asilo nido? E i vicini di casa, si sono mai accorti di qualche comportamento sospetto a partire dalla mancanza di attenzione e controllo nei loro confronti? La condizione di degrado sociale in cui vivevano i piccoli e i legami dei loro familiari con persone coinvolte in inchieste giudiziarie, ha condizionato il loro giudizio riducendoli al silenzio? Appare evidente che in tanti hanno preferito girarsi dall’altra parte e non vedere.

«Le accuse che gravano sulla mamma e sulla nonna di questi bambini é gravissima – spiega la psicoterapeuta e psicoanalista del Centro Jonas di Reggio Calabria Maria Laura Falduto -. Però, da parte loro, c’è anche una posizione molto ferma nel negare tutto. Viene da chiedersi, allora, come sia possibile che bambini così piccoli possano provocarsi fratture, contusioni ed ematomi. In ogni caso, se molti di questi danni fisici risalgono a periodi non recenti, come sostengono i medici, perché non segnalati prima? La domanda da porsi è: sono da considerarsi normali il dolore, le ecchimosi, gli ematomi in bambini tanto piccoli? Cosa spinge a coprire, o ancora più grave, a non considerare la gravità di tutto questo?

Ciò che disturba più di ogni altra cosa è il clima di noncuranza e di minimizzazione che emerge da questa storia, a partire dalle dichiarazioni della mamma dei bambini che definisce i suoi figli ribelli perché saltano dai letti e si tirano contro degli oggetti. Nel nostro immaginario siamo portati a pensare che il genitore sia quella figura pronta a prestare aiuto durante la sofferenza di un figlio. Se l’ambiente in cui vivono questi bambini é predisposto alla caduta, senza che nessuno intervenga, dobbiamo comunque porci delle domande perché un genitore è chiamato a prendersi cura del figlio nello stesso momento in cui viene al mondo».

Per Falduto avere cura significa stabilire una relazione di contatto e farlo con tatto, tra madre e figlio, ma i corpi “segnati” di questi due bambini raccontano una storia diversa dove é evidente la mancanza di un contatto che accudisce. «Gli eventi traumatici che avvengono durante lo sviluppo, lasciano dei segni importanti sull’autostima, sulla capacità di fidarsi e di affidarsi all’altro, sulla capacità di percepire il proprio ambiente circostante come un ambiente sicuro – conclude -. Ora che i bambini sono sotto osservazione, tutti questi elementi saranno attentamente analizzati attraverso strumenti validi come il gioco, il disegno e vedremo cosa emergerà del loro reale stato emotivo».

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