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Un rider

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COSENZA – «Ero in auto e stavo andando a fare una consegna a corso Mazzini. A un certo punto mi hanno aggredito, è successo tutto in pochi minuti, non riesco a capacitarmi». È ancora molto scosso Antonio, 21 anni, che per pagarsi gli studi di Ingegneria meccanica all’Unical fa il rider per una nota catena di cibo a domicilio.

Appena qualche sera fa, verso le 22.30 – già, per i rider non esiste la regola del coprifuoco – si trovava in via XXIV Maggio, aveva appena terminato una consegna e, come da prassi, stava per raggiungere un altro cliente in centro città. Se fai il rider sai di dover correre: più consegne riuscirai a effettuare in meno tempo, più guadagnerai (si fa per dire, perché il contratto di “prestazione autonoma” prevede una retribuzione di poche euro per consegna). Antonio si era immesso in una strada molto stretta, dove a malapena riesce a transitare una sola auto.

Ad un tratto si accorgeva che dietro di lui c’era un altro veicolo che tentava di superarlo. «Non solo mi è passato davanti, ma ha urtato violentemente la mia macchina, distruggendo quasi una fiancata – racconta –, poi è sceso, ha aperto il mio sportello e senza alcun motivo mi ha tirato prima un calcio nello stomaco e poi due pugni in testa. Forse era ubriaco, forse voleva solo litigare con qualcuno, sta di fatto che mi ha anche minacciato dicendomi (in dialetto) che “non dovevo permettermi di chiamare qualcuno” e che se in macchina con lui ci fosse stata anche sua figlia mi avrebbe “lasciato morto a terra”, quasi come se la colpa dell’incidente fosse stata mia».

A scongiurare un epilogo di certo peggiore per Antonio il clacson di un altro autista che metteva in fuga il picchiatore. Poi gli agenti della Polizia, allertati e subito intervenuti sul posto, lo hanno scortato fino in ospedale. La prognosi dei medici è di 10 giorni per le contusioni riportate, per fortuna lievi e senza particolari traumi alla testa.

CHI TUTELA IL RIDER?

Ma chi si occuperà di assicurare il rider in caso di infortunio sul lavoro e di concedergli i giorni di malattia che gli spettano? L’azienda, naturalmente. Che però, per svolgere i controlli sul proprio dipendente e verificare che quanto attesti il certificato medico corrisponda a verità, impiega tempi biblici.

«Durante la fase di indagine il mio profilo verrebbe bloccato per ben più di 10 giorni – spiega il giovane –, perciò ho preferito continuare a lavorare perché per me sarebbe un problema restare senza stipendio così a lungo. Per il momento ho sporto denuncia in Questura per “aggressione aggravata da minacce”. Sono riuscito a prendere la targa della macchina dell’uomo, ma risalire alla sua identità non sarà semplice perché risulta intestata a una società di noleggio».

Insomma, questo è quanto può accadere a un rider mentre è in servizio in orario notturno. Ancora troppo larghe le maglie dei controlli sulle tutele da parte delle aziende: c’è chi, tra i sindacalisti, nega addirittura l’esistenza di tale categoria di lavoratori in città, chi come Umberto Calabrone della Cgil ammette la difficoltà nel censirli perché spesso «restii a denunciare per paura di ritorsioni e di essere licenziati».

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