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Una corsia di ospedale

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COSENZA – Un anno di pandemia ha quasi azzerato la sanità pubblica in Calabria. Una conversione quasi totale delle strutture pubbliche principali in ospedali Covid. I dati preliminari dell’Agenas, che ha messo a confronto le prestazioni del 2019 con quelle del 2020, certificano quello che già era stato messo nero su bianco da diverse aziende. In Calabria curarsi per patologie anche importanti è impossibile e non solo per le due ondate che hanno bloccato prestazioni ambulatoriali e ricoveri non urgenti nell’arco del 2020.

Da queste parti il piano Covid ospedaliero è rimasto quasi totalmente inattuato e il 2021 è una replica dell’anno precedente: ospedali in affanno, posti letto che mancano, Pronto soccorso strapieni. A guardare i dati il coronavirus ha travolto completamente il sistema territoriale. I ricoveri urgenti sono calati del 29,24%, giù di oltre la metà (58,34%) quelli ordinari programmati. Il day hospital invece è quasi cancellato con -68,18% e i ricoveri chirurgici programmati scendono del 60,52%. Meno 41,77% anche per i ricoveri con diagnosi psichiatriche.

I NUMERI

I dati Agenas sono importanti: calo del 46,4% delle visite per esenzione di reddito, 39,2% per le visite di controllo, quelle legate a neoplasie invece giù del 24,8%. Anche le prime visite sono drasticamente diminuite: -55,9% su quelle oculistiche, -47,3% in ambito neurologico. Gli screening in ambito oncologico in alcuni casi quasi dimezzati: screening cervicale -23,61%, mammografico -39,43%, colorettale -48,43%. Si abbassano anche i numeri degli interventi sui tumori.

Drammatico il calo sui casi di tumore mammella: -48,39%, colon -39,94%, retto -39,53%. E ancora: interventi chirurgici per tumore all’utero -24,19%, tiroide -39,02%. In ambito cardiocircolatorio si segnala il -15,38% dei ricoveri per infarto acuto, -37,06% degli interventi di angioplastica, ictus ischemico -22,39%, bypass aortocoronarico -67,15%.

IL PIANO COVID MAI ATTUATO

A giugno scorso con Dca 91 l’allora commissario Cotticelli firmò il piano di riorganizzazione ospedaliera. Un progetto monstre che prevedeva posti letto covid, aree dedicate per i pazienti infetti, riorganizzazione dei pronto soccorso con Tac dedicate ai casi sospetti, acquisto di nuovi mezzi, aree triage.

Una lunga lista di operazioni per singolo ospedale, sia spoke che hub, con un preciso scopo: allentare la pressione sugli hub e convertire gli spoke. Un dato su tutti i posti letto sulle terapie intensive: erano 146 prima della pandemia, ad oggi ne sono stati aggiunti soltanto sei con 152 posti effettivi. Il piano in totale ne prevedeva 280. A luglio invece arrivò il Dca 103, con lo scopo di riorganizzare la rete territoriale puntando soprattutto sulla domiciliazione delle cure, in modo da trattare i pazienti non gravi direttamente a casa ed evitare i ricoveri aggravando situazioni gestibili a domicilio. Lo scopo è tutto nella premessa: ridurre “l’ospedalizzazione solo ai casi di elevata complessità assistenziale”.

Questi due decreti è rimasto praticamente una chimera. Così come il famoso “piano Covid” che costò il posto a Cotticelli annunciato da Longo una settimana dopo il suo insediamento. Dopo cinque mesi non c’è traccia neanche di quello.

USCA SENZA AUTO E PERSONALE

Solo in provincia di Cosenza la sanità scippata sta costando almeno 30 milioni. Ma sono stime per difetto. Nel frattempo la stessa rete territoriale Covid combatte con armi spuntate. In provincia di Cosenza i contratti di 44 medici e 44 infermieri su 11 Usca sono in scadenza e molte di queste realtà territoriali non hanno neanche l’auto per effettuare visite a domicilio. I primi bandi per l’acquisto si sono visti pochi giorni fa da parte dell’Asp di Cosenza. Sono problemi che il consigliere regionale Carlo Guccione ha sollevato più volte negli ultimi mesi. «Dei famosi 320 infermieri di quartiere – dice – quanti ne sono stati assunti?».

Poi ci sono i famosi piani Invitalia perle vaccinazioni: «Dei 3mila medici e 12mila infermieri quanti ne sono arrivati in Calabria? Nessuno mi ha mai risposto». Anche la chiamata dei medici in pensione è finita in cavalleria: «in tanti hanno risposto – dice Guccione – ma non sono mai stati chiamati. Questo mentre i medici laureandi hanno fatto le valigie per andarsi a specializzare, già 19 se ne sono andati solo in provincia di Cosenza».

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