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Carmine Abate

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Il panino “u ghiegghiu” visto da Carmine Abate «Polemica basata sul nulla, figlia dei tempi social, e io no, non mi sento affatto offeso».

COSENZA – «È una polemica basata sul nulla, figlia dei nostri tempi social, e io no, non mi sento affatto offeso».

Carmine Abate, pluripremiato scrittore di origine arbëreshe, risponde alla nostra domanda. È giusto denominare un panino “u ghiegghiu”? D’altronde, la questione è arrivata finanche in Trentino, dove Abate si trova attualmente. «Il fatto che la catena gastronomica calabrese (“Mi ‘ndujo”, ndr) abbia annunciato di attribuire tale nome a un suo nuovo panino dovrebbe venir letto in maniera ironica, non dispregiativa».

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Opinione, dunque, diversa da quella di Papas Pietro Lanza, protosincello dell’Eparchia di Lungro, che nei giorni scorsi ha sollevato il caso, chiedendo alla stessa catena di street food a chilometro zero di fare un passo indietro e chiamare il panino in altro modo.

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ABATE: «CAPISCO PAPAS MA TUTTI I LORO PANINI HANNO DENOMINAZIONI IRONICHE»

«Io – continua Abate, che coi suoi romanzi si è molto occupato di migranti e incontro tra culture – capisco la posizione del Papas che, tra l’altro, stimo molto: ha ragione a dire che l’Arbërìa non possa essere identificata in un panino. Ma – chiosa l’autore conosciuto in tutto il mondo – è anche vero che la catena di cibo calabrese usi per tutti i suoi prodotti denominazioni ironiche».

Nulla quaestio, pertanto, per Carmine Abate, nato a Carfizzi e profondamente legato alle tradizioni – anche culinarie – della comunità arbëreshe. Basti pensare a “Il banchetto di nozze e sapori” che è una storia di formazione narrata attraverso i sapori e le fragranze che rinsaldano il legame con le origini. E che, dopo sette anni dalla prima pubblicazione, verrà riedito per il 14 febbraio da Mondadori («Arrivava il giorno prima dello sposalizio e con le donne delle famiglie degli sposi organizzava un banchetto con i fiocchi, tutto a base di pietanze che lui definiva arbëreshe pure.

In realtà erano sì pietanze abbastanza diffuse nei nostri paesi, però avevano subìto delle contaminazioni da parte della cucina meridionale o si usavano con lievi differenze anche nei paesi litirë, cioè latini, forestieri, del circondario. Ma per il cuoco d’Arbërìa queste puntualizzazioni erano superflue. La sua cucina era arbëreshe perché lui era arbëresh, chiamava le pietanze con nomi arbëreshë, organizzava i conviti in paesi arbëreshë, per sposalizi arbëreshë, con tanto di vallja finale, il nostro ballo tondo»). Nel romanzo citato, come anche ne “Il ballo tondo” (1991, da poco negli Oscar Mondadori) che quest’anno si prepara a venire pubblicato anche negli Stati Uniti d’America, si affronta appunto il tema delle radici e della ricerca dell’identità.

CARMINE ABATE E LE POLEMICHE SUL PANINO “U GHIEGGHIU”

«Tutto ciò – aggiunge Carmine Abate – è segno di quanto interesse ci sia in Italia e nelle altri parti del mondo rispetto all’Arbërìa, fatta di persone che, nonostante i cambiamenti, ci sono, resistono, parlano arbërisht e rappresentano un vero e proprio miracolo di resistenza. Dunque – dice ancora lo scrittore – ben vengano i libri, ben vengano le storie (anche Le Guide di “Repubblica” hanno recentemente dedicato un libro alla comunità arbëreshe d’Italia) e tutte quelle iniziative in grado di far conoscere sempre più questo mondo, questa ricchezza culturale della Calabria e dell’Italia».

Infine, sugli ingredienti del panino (“Mi ‘ndujo” non li ha ancora resi noti e ufficializzati) Carmine Abate precisa: «A parte il fatto che non esistono ingredienti tipicamente arbëreshë, se davvero “Mi ‘ndujo” vuole fare un omaggio a quella che definisce “la grande e gloriosa comunità arbëreshe” e dare un nome incuriosente al loro panino, allora sarebbe più corretto – linguisticamente e culturalmente – chiamarlo l’Arbëresh o Arbërìa, nomi con le nostre tipiche “ë” con dieresi che universalmente ci identificano, mentre il nome u ghieggiu, oltre a suonare male, non è conosciuto addirittura in tutta la Calabria e quasi per niente a livello nazionale. Ma questo è solo un piccolo consiglio, che chiuderebbe questa polemica e la renderebbe meno inutile».

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