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COSENZA – Palazzo dei Bruzi ha tempo fino al 12 novembre per convocare il Consiglio comunale che dovrà dichiarare dissesto. La data più probabile al momento appare quella dell’11: la conferenza dei capigruppo si riunirà a inizio settimana (domani o al più tardi martedì) e da lì bisognerà lasciare un margine di cinque giorni prima di fissare il Consiglio.

Deliberato il dissesto, il Viminale nominerà tre commissari “liquidatori” che dovranno gestire la massa debitoria fino al 31 dicembre 2019, mentre l’amministrazione si occuperà a quel punto della sola ‘competenza’: le entrate e le uscite dell’anno in corso.

Ecco, per punti, cosa accadrà poi dopo la dichiarazione di “default”.

CONSULENTI E DIRIGENTI ESTERNI

Una volta in dissesto, decadranno tutti gli incarichi assegnati con nomina diretta del sindaco, dunque i dirigenti esterni e i membri del suo staff. Occhiuto dovrà metter subito mano all’organizzazione della burocrazia dell’ente, per rimpiazzare i sei dirigenti esterni. Resteranno scoperti i settori Cultura, Scuola, Urbanistica, Lavori Pubblici, Personale e Bilancio (ai quali si sommano una serie di interim come Welfare e Affari generali). Il sindaco potrebbe decidere di accorpare settori o di affidare incarichi ad interim ai nove dirigenti di ruolo che resteranno in servizio.

PERSONALE

La norma prevede la messa in mobilità del personale in esubero, ma nel caso di Cosenza non ci saranno conseguenze perché l’organico al momento è sottodimensionato.

TASSAZIONE

Con il dissesto le aliquote di Imu e Irpef vengono innalzate fino alla misura massima consentita: qui cambierà poco perché Palazzo dei Bruzi, con il predissesto, ha già dovuto inasprire la tassazione. L’Imu, che oggi è al 10,4, passerà al 10,6.

Per quanto riguarda invece rifiuti e acqua, la norma prevede invece l’applicazione di misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio. Nei fatti però è già così, dall’introduzione della Tari. Occhio alla bolletta sui consumi idrici che potrebbe variare: qui però non c’entra il dissesto ma la nuova tariffazione che sarà introdotta dall’Ato. Per i servizi a domanda individuale, come mense e scuolabus, il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Palazzo dei Bruzi potrebbe riuscire a mantenere le attuale tariffe, ma lo verificheremo in sede di approvazione del bilancio preventivo. Dagli uffici, però, fanno sapere che i margini ci sono.

IL NUOVO BILANCIO

Il Consiglio comunale, entro tre mesi dalla nomina dei commissari, deve proporre al ministero dell’Interno un’ipotesi di “bilancio stabilmente riequilibrato”, che dovrà essere approvata dal Viminale. L’amministrazione da qui in poi si occuperà solo degli incassi e delle spese dell’anno in corso. Per intenderci, le somme che si andranno a incassare con il recupero evasione degli anni precedenti non potranno essere destinate a nuove spese, ma andranno a risanare i debiti.

L’amministrazione non potrà contrarre mutui, né prevedere in bilancio, per ciascun intervento, somme superiori a quelle indicate nell’ultimo bilancio approvato. Detto altrimenti, la spesa non potrà aumentare. I servizi – con riferimento, ad esempio, al welfare – saranno garantiti? Dipenderà dalla capacità del Comune di incassare e gestire le risorse in bilancio.

I DEBITI E I CREDITI

I commissari dovranno risanare tutti i debiti accumulati fino al 31 dicembre 2019. Entro dieci giorni dall’insediamento la commissione pubblicherà un avviso per la rilevazione della passività, invitando tutti i creditori dell’ente a presentare, nei sessanta giorni successivi, la documentazione che attesti il debito comunale. Tutti i pignoramenti in corso vengono bloccati e i commissari sono autorizzati ad avviare transazioni con i creditori. Le somme che saranno utilizzate per liquidarli verranno dai residui attivi, eventualmente da un mutuo e, ancora, dall’alienazione di tutti i beni non utilizzati per fini istituzionali dell’ente e per i quali il Comune non riceve introiti (ovvero che non sono in fitto). È il caso, ad esempio, dell’ex albergo Bologna o dei terreni che Palazzo dei Bruzi prova da tempo a vendere. L’ultima volta aveva ricevuto, per alcuni suoli, quattro proposte per un totale di circa 4 milioni di euro. L’affare, però, è andato in fumo perché gli acquirenti chiedevano una certificazione che ne vincolasse la destinazione d’uso. Impossibile, però, ottenerla: il Piano strutturale è ancora in fase d’adozione.

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