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COSENZA – La distesa azzurra, vista dall’alto, è impressionante. Un mare blu cobalto che circonda, come un abbraccio tutta la Calabria. Ma è a guardarlo qualche metro più in giù che si scopre la vera bellezza di questa risorsa, spesso bistrattata, che è linfa vitale per la nostra regione. A mostrarcene i tesori è uno studio andato avanti per cinque anni e che oggi sarà illustrato a Roma, presso la Società Geografica Italiana anche attraverso le immagini di un film di Marco Pisapia a cura di Simonepietro Canese, Michela Angiolillo e Marzia Bo. Un mare ricchissimo di spugne, di coralli finora creduti rari, di pesci coloratissimi mai osservati nel loro habitat naturale e nuove specie di molluschi e altri invertebrati marini. 

Un mare inedito, perché per la prima volta sono state registrate le immagini di ciò che si trova dai 50 ai 250 metri di profondità. 

Il progetto si chiama MoBioMarCal, acronimo di Monitoraggio biologico del mare calabrese, si è concluso l’anno scorso dopo 5 anni di indagini ed esplorazioni, e riveste particolare importanza in quanto per la prima volta in questo tipo di ricerca è stato utilizzato un robot sottomarino filoguidato. 

In tutto sono stati perlustrati 200 siti per un totale di 800 chilometri di coste calabresi; il robottino è sceso nella cosiddetta zona mesofotica che, come  ricordano i ricercatori, è la parte meno esplorata delle coste italiane. 

La scoperta più sorprendente riguarda il corallo nero, che in ambiente naturale appare bianco per via di una pelle che ricopre lo scheletro: «Pensavamo fosse raro nei nostri mari, invece abbiamo trovato foreste di migliaia e migliaia di colonie appartenenti a tre specie, alte fino a un metro e mezzo. Una delle specie, Antipathes dicotoma, finora era quasi sconosciuta: ne avevamo una manciata di frammenti sparsi nei musei – spiega Simonepietro Canese, coordinatore dell’Ispra – Queste foreste hanno anche migliaia di anni e alcuni coralli arrivano a dieci centimetri di diametro». 

Un’altra sorpresa per i biologi è stata osservare isole di biodiversità distanti appena un centinaio di metri l’una dall’altra, ma di natura completamente diversa, sebbene si trovino alla stessa profondità. I ricercatori stanno ancora cercando di capire come sia possibile. 

Le telecamere ad alta definizione di cui è dotato il robot sottomarino, hanno permesso di raccogliere immagini uniche di questi organismi marini. «Questi ambienti – dicono ancora i ricercatori – rappresentano un serbatoio di biodiversità sia per gli ambienti più superficiali, ad oggi minacciati da pesca, inquinamento e cambiamenti climatici, sia per gli ambienti più profondi in quanto siti di riproduzione di specie anche di interesse commerciale». 

«Per la prima volta abbiamo utilizzato un sottomarino a controllo remoto (Rov) dotato di telecamere ad alta definizione in modo estensivo – ha detto ancora Canese – Lo scopo era conoscere meglio i nostri ambienti sottomarini, per poi individuare le aree su cui concentrare le azioni di tutela. Abbiamo scoperto una biodiversità altissima, inaspettata, pari se non superiore a quella delle zone più superficiali». 

Il progetto ha fatto da apripista e dopo la Calabria si stanno ora studiando le coste profonde di Campania, Sardegna, Toscana, Sicilia, e Liguria, con la collaborazione di molte università italiane. 

Il progetto è stato finanziato dal Dipartimento politiche dell’ambiente della Regione Calabria ed è considerato un lavoro pionieristico dagli esperti. 

Silvestro Greco, ideatore del progetto Ispra, tiene a sottolineare come finora la mancanza di dati e di localizzazione impedisse l’esatta perimetrazione di eventuali parchi marini e la corretta salvaguardia dell’ambiente naturale. «Io spero – sostiene Greco  – che la regione colga l’opportunità di aver questo data set per fare sempre di più e meglio il lavoro di conservazione degli ecosistemi marini e delle ricchezze che in esse sono custodite». La Regione, dunque, potrà fare la sua parte facendo tesoro di dati finora sconosciuti, ma certamente i calabresi dovranno fare la loro parte per evitare di distruggere un patrimonio senza prezzo, che si trova proprio sotto il naso di ognuno, a pelo d’acqua.

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