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COSENZA – Eraldo Baldini, Paolo Di Paolo, Giorgio Fontana, Piersandro Pallavicini, Valeria Parrella sono i cinque finalisti, per la sezione letteratura, del rinato “Premio Sila ‘49”, annunciati ieri dal presidente della giuria Raffaele Perrelli. 

Un ritorno, a distanza di vent’anni, che è soprattutto una sfida con la gloriosa storia di un concorso letterario che è stato una bella pagina di Calabria. Di quella storia riprende la stessa traccia d’impegno civile il rinato Sila, voluto dalla Fondazione del Premio, costituita nel 2010 ibridando ambienti diversi (il presidente di Banca Carime Andrea Pisani Massamormile, l’arcivescovo di Cosenza Salvatore Nunnari e l’avvocato Enzo Paolini), e affidato alla direzione di Gemma Cestari e al lavoro di una giuria di intellettuali di sinistra, presieduta dal preside della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Unical Raffaele Perrelli. I cinque titoli finalisti, selezionati da una rosa di venti romanzi con la collaborazione di un comitato di lettori, rientrano nella letteratura che riscopre la sua vocazione civile – ha spiegato il presidente di giuria ai giornalisti -, ritorna al realismo e si propone come interprete critica dell’Italia in cui viviamo. Raffaele Perrelli dei cinque titoli in gara ha tracciato una presentazione per nulla asettica: segno di quanto siano state vere le discussioni in giuria, più volte ricordate in conferenza stampa.

In ordine rigorosamente alfabetico si parte da Eraldo Baldini e dal suo “L’uomo nero e la bicicletta blu” (Einaudi). «Un romanzo di formazione a tinte noir, seppur dissimulate, che riprende il genere di quel romanzo sociale pressoché scomparso dopo Pasolini, fatta eccezione per Walter Siti – dice Perrelli -. La scrittura di Baldini è semplice, non fa nessuno sforzo per interrompere l’attesa del lettore condizionato dal linguaggio televisivo». In cinquina c’è poi l’emergente Paolo Di Paolo, 29 anni, la “benedizione” di Antonio Tabucchi e l’ingresso già nel “comitato centrale” della letteratura italiana. Di Paolo è in gara con “Dove eravate tutti” (Feltrinelli), in cui la non fiction del racconto si rafforza con l’innesto di frammenti di realtà, dalle immagini ai ritagli di giornali. «È il primo vero romanzo – dice Perrelli – sull’essere stati solo berlusconiani. Di Paolo percepisce il vuoto del Paese: è una chiamata di corresponsabilità per le generazioni adulte ed è anche un libro sulla scuola». Si inserisce nel filone del romanzo sociale travestito da giallo il terzo titolo: “Per legge superiore” di Giorgio Fontana, edito da Sellerio. È la storia di un magistrato conservatore che si trova a mettere in dubbio tutte le sue certezze. “Romanzo per signora”, di Piersandro Pallavicini (Feltrinelli), non rientra tra i preferiti del presidente di giuria ma «è un romanzo molto divertente, un racconto brillante su un Paese vecchio che dimentica però l’immagine della vecchiaia, dell’impotenza e dell’inabilità che talvolta porta con sè». Tra i migliori della cinquina Perrelli giudica infine “Lettera di dimissioni” di Valeria Parrella (Einaudi). «La Parrella domina la parola e non ha bisogno nel racconto di supporto documentale. È un’opera che si colloca all’interno della scuola napoletana – continua Perrelli – e sviluppa la linea di “Mistero napoletano” di Ermanno Rea. C’è lo stesso senso di fallimento: in Rea investe il Pci nella Napoli del secondo dopoguerra, nella Parrella il centrosinistra napoletano nel ventennio berlusconiano».

Il vincitore, che riceverà un premio in denaro e un’opera di Giulio Telarico, sarà premiato l’1 dicembre al termine di una due giorni di eventi – annunciata dal presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini – che sarà ospitata a Palazzo Arnone e curata da Luca Ardenti.

 

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