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SIBARI (Cs) – «Stiamo andando avanti nell’aggottamento dell’acqua dall’area archeologica con le nostre pompe. Man mano misuriamo il livello. Siamo moderatamente ottimisti». Si registra un cauto e moderato ottimismo nelle parole e nei ragionamenti della responsabile dei siti archeologici di Sibari, l’archeologa Silvana Luppino, quando parla del prosciugamento dell’area archeologica. Quando, invece, parla del fango e, soprattutto, della sicurezza degli argini del Crati viene fuori tutta la sua preoccupazione che oggettivamente la situazione desta. Una situazione, quella del fango, che ancora non è del tutto definita, in quanto nessuna perizia tecnica è stato possibile effettuare. «Non siamo ancora in grado di stimare quanti metri cubi di fango ci sono sui cinque ettari di Parco archeologico. In alcune zone dell’area archeologica ci sono 10/15 centimetri di fango, mentre in altre lo spessore della fanghiglia è molto superiore. Questo – dice Silvana Luppino- ci fa, purtroppo, presagire che i danni saranno ingenti».
In effetti, ancora non c’è stata la possibilità materiale di quantificarli. Solo stamattina dovrebbe arrivare sull’area archeologica sibarita il tecnico incaricato dalla Sovrintendenza regionale ai Beni Archeologici per redigere la “perizia di somma urgenza” sulla scorta della quale si dovrebbe conoscere quasi con certezza la quantità di fango presente nell’area e le spese necessarie per riportare il patrimonio storico, culturale e archeologico sibarita alla situazione precedente all’esondazione del 18 gennaio scorso e renderlo nuovamente fruibile ai visitatori. L’archeologa Silvana Luppino coglie l’occasione, intanto, per ringraziare tutti coloro, e sono stati tanti, che in questi giorni hanno offerto la loro disponibilità per “liberare” il Parco archeologico dalla massa bruna e appiccicosa del fango, e poi per sottolineare che la seconda fase, quella della vera e propria pulizia delle antiche vestigia, ha bisogno di interventi delicatissimi e necessita, quindi, di personale altamente specializzato. «Sarebbe auspicabile la presenza di archeologi che possibilmente conoscano il sito di Sibari che è un sito alquanto particolare».
La preoccupazione maggiore, che non fa dormire sonni tranquilli a nessuno, è rappresentata dalla mancanza di sicurezza che si registra sugli argini del Crati. «Bisogna mettere in sicurezza il Crati», dice Silvana Luppino. «C’è il rischio continuo di esondazione. Non sappiamo – continua la Luppino – cosa ci potrebbe riservare il futuro. L’ultima sagomatura dell’argine, da quanto mi hanno riferito alcuni tecnici del Consorzio, – sottolinea, preoccupata,  – dovrebbe risalire a 60 anni fa, precisamente al 1954». Una preoccupazione, quella della sicurezza degli argini del Crati, che è stato uno degli argomenti principi trattati, nella giornata di ieri, sia dalla delegazione del Pd, guidata da Marco Minniti, e sia dal sottosegretario alla protezione civile regionale, Franco Torchia, accompagnato dal presidente della Commissione  “Ambiente e Territorio”, Gianluca Gallo.

SIBARI (CS) – «Stiamo andando avanti a rimuovere l’acqua, siamo moderatamente ottimisti». E’ il fango, invece, a preoccupare la responsabile dei siti archeologici di Sibari, l’archeologa Silvana Luppino, dopo l’esondazione del Cratidel 18 gennaio. Ma anche la sicurezza degli argini del fiume.

 

SERVONO ARCHEOLOGI – Al momento non si è ancora in grado di stimare quanti metri cubi di fango ci sono sui cinque ettari di parco archeologico. In alcune zone ci sono 10/15 centimetri di fango, mentre in altre lo spessore della fanghiglia è molto superiore. Tocca al tecnico incaricato dalla Sovrintendenza regionale ai Beni Archeologici redigere la “perizia di somma urgenza”: in giornata se ne saprà di più. Poi verrà il momento di procedere. Silvana Luppino ringrazia tutti coloro, e sono stati tanti, che in questi giorni hanno offerto la loro disponibilità per “liberare” il Parco archeologico dalla massa bruna e appiccicosa del fango. Ma guarda anche alla seconda fase, quella della vera e propria pulizia delle antiche vestigia: c’è bisogno di interventi delicatissimi e necessita, quindi, di personale altamente specializzato. «Sarebbe auspicabile la presenza di archeologi che possibilmente conoscano il sito di Sibari che è un sito alquanto particolare» dice.

GLI ARGINI A RISCHIO – La preoccupazione maggiore, adesso, è rappresentata dalla mancanza di sicurezza che si registra sugli argini del Crati. «Bisogna mettere in sicurezza il fiume», dice Silvana Luppino. «C’è il rischio continuo di esondazione. Non sappiamo – continua la Luppino – cosa ci potrebbe riservare il futuro. L’ultima sagomatura dell’argine, da quanto mi hanno riferito alcuni tecnici del Consorzio,dovrebbe risalire a 60 anni fa, precisamente al 1954». Una preoccupazione, quella della sicurezza degli argini del Crati, che è stato uno degli argomenti principi trattati, nella giornata di ieri, sia dalla delegazione del Pd, guidata da Marco Minniti, e sia dal sottosegretario alla protezione civile regionale, Franco Torchia, accompagnato dal presidente della Commissione  “Ambiente e Territorio”, Gianluca Gallo. 

LA PISTA DEI CARABINIERI – Intanto, dalle indagini che si stanno svolgendo per accertare eventuali responsabilità nell’esondazione, c’è una pista che stanno seguendo i carabinieri. E’ quella di un privato che molto tempo prima del 18 gennaio segnalò alle autorità competenti una falla sugli argini del fiume Crati. Pare abbia contattato più enti, ma senza ottenere nessuna risposta. Si cerca ora di capire se si possa profilare l’ipotesi di reato di omissione di atti d’ufficio. Per il momento pare si sia aperto un fascicolo contro ignoti. Intanto, secondo un comunicato stampa, l’assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri pare stia mettendo a punto le procedure per l’affidamento dell’incarico per consolidare l’argine del fiume Crati per un importo di 4 milioni di euro. Come dire, meglio tardi che mai, visto che sono mesi che il sindaco di Cassano allo Jonio, Gianni Papasso, chiedeva interventi. Caligiuri vuole sbilanciarsi e ieri ha comunicato che istituirà una task force «per fare il punto sugli interventi presenti e futuri per Sibari, con particolare riferimento alla verifica quotidiana degli interventi da realizzare adesso sul sito archeologico che, a quanto comunicato dagli esperti, entro un mese dovrebbe già ritornare alla normalità».

L’APPELLO DEGLI INTELLETTUALI – Continua ad arrivare una pioggia di adesione per l’appello “Salviamo Sibari” lanciato da un gruppo di intellettuali sul sito e sulle colonne del Quotidiano e sottoscritto da centinaia di persone da tutto il mondo. Per aderire basta inviare una mail all’indirizzo salviamosibari@finedit.com, indicando nome, cognome, attività professionale e località. Bisogna fare in fretta, però, perchè sabato si chiuderà la sottoscrizione delle firme. La petizione nella prossima settimana verrà inviata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Antonio Iannicelli 

Massimo Clausi

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