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TEMPO fa in un’intervista ha detto che la terra non andrebbe ferita nemmeno con un paio di tacchi. Lei, Vandana Shiva, gira il mondo per spiegare come “fare pace con la terra” (dal titolo del suo ultimo libro), calzando ballerine e avvolta da sei metri di colorato sari. Laureata in Fisica quantistica, ha dedicato il suo impegno alla salvaguardia del pianeta. Teorica dell’ecologia sociale, combatte l’eco – apartheid e le grandi multinazionali che a colpi di Ogm e monocolture intensive minacciano la biodiversità e l’autosufficienza delle popolazioni. La sua lotta è stata premiata con il Right Livehood Award, il Nobel per la Pace alternativo. 
Martedì, alle 9 e 30 in Aula Magna, le verrà conferita la laurea magistrale ad honorem in Scienze della Nutrizione da parte dell’Università della Calabria. E già domani sarà ad Arcavacata (aula consolidata 3 cubo 16C, ore 17), per discutere di globalizzazione, sovranità alimentare ed ecologia sociale. 
Dottoressa Shiva, pochi giorni fa la Corte Suprema Indiana ha respinto il ricorso del colosso Novartis che chiedeva il rinnovo del brevetto per l’antitumorale Glivec. È una svolta?
«Novartis rivendicava il brevetto di un vecchio farmaco anticancro. Le compagnie indiane hanno già realizzato il generico e lo vendono ad 8 mila rupie per un mese di trattamento. La versione di Novartis viene venduta a 120 mila rupie. Quello che il tribunale indiano ha sostenuto è la distinzione tra le invenzioni reali e l’aggiornamento dei brevetti, riciclando vecchie invenzioni come nuove con modifiche irrilevanti. Il caso è importante perché mostra un semaforo rosso all’avidità delle corporazioni che calpestano i diritti delle persone. Sia in medicina che in agricoltura le multinazionali stanno stravolgendo i criteri delle invenzioni per instaurare monopoli».
In Italia c’è stata sempre resistenza agli Ogm. A suo avviso quali rischi correrebbe la nostra agricoltura?
«Siamo alle ultime fasi di una lotta tra un’agricoltura guidata dalle grandi aziende, globalizzata, basata sugli Ogm, che deruba le persone e i governi locali e regionali dei loro diritti, e un’agricoltura e un sistema alimentare democratici, ecologici, decentralizzati. I rischi che l’Italia e la Calabria affrontano sono gli stessi rischi che affrontano l’India o gli Stati Uniti. La Monsanto ha appena scritto una legge che la rende immune dalle decisioni dei tribunali, una evidente violazione della democrazia (la legge finanziaria firmata da Obama prevede una norma che impedisce alle Corti federali di vietare la vendita o la coltivazione di Ogm, indipendentemente da eventuali future conseguenze sulla salute, ndr). E la Monsanto ha investito milioni in California per far fallire il referendum sull’etichettatura degli Ogm. Quello che la Monsanto fa negli Stati Uniti, lo fa in Africa, in India, in Europa. Questa, a mio avviso, è la più grande sfida democratica del nostro tempo». 
La Calabria è una regione arretrata, eppure contaminata. Riscontra anche altrove questa contraddizione? 
«Le parti più povere del mondo e le comunità più povere diventano il deposito dei rifiuti dell’inquinamento e delle scorie a causa dell’ingiustizia ambientale».
 La Calabria è terra di foreste, che ogni estate bruciano per cause dolose. Come possiamo salvarle?
«Le energie organizzate delle persone sono l’unica protezione per le foreste. Quando aderii al movimento Chipko quarant’anni fa, era normale che fossero le donne sull’Himalaya ad uscire fuori e a proteggere le foreste».
Acqua, biodiversità, la lotta ai brevetti. Quale delle sue battaglie ritiene sia prioritaria per l’Europa e l’Italia?
«In tutto il mondo, la battaglia è quella della vita contro la distruzione, della condivisione e della solidarietà contro l’avidità e la privatizzazione».
Martedì terrà una lectio magistralis su “Biodiversità e donne nutrono il mondo”. Sostiene che la separazione dalla terra e dalla natura conduca allo sfruttamento della donna. Come?
«L’eco – apartheid, la separazione dalla Terra è un’illusione che si diffonde dalla visione del mondo del patriarcato capitalista. È una visione del mondo che è cieca davanti alla creatività e alla produttività della natura e alla creatività e produttività delle donne. Così le donne diventano oggetto di sfruttamento».
In “Ritorno alla Terra” nel 2009 lei segnalava le crepe del sistema capitalista e della crescita smodata. Oggi, e con la crisi economica in corso, nota una inversione di tendenza?
«Sì, c’è un cambiamento. Ma il cambiamento è stato quello di rimpiazzare i combustibili fossili con carburante biologico e prodotti chimici e plastici provenienti dalle biomasse. Questo è quello che sta conducendo al land grab, all’accaparramento della terra e alla deviazione del cibo in biocarburante, aggravando così la fame. C’è anche un altro cambiamento, che va verso il riconoscimento dei limiti stabiliti dal pianeta. La sostituzione del prodotto interno lordo con la Felicità interna lorda in Bhutan è un esempio».
La definizione di bene comune è ancora controversa. Lei quale darebbe?
«I beni comuni sono gli spazi e le risorse gestiti collettivamente dalla comunità per il bene comune. I beni comuni sono basati sui diritti che provengono dalla responsabilità, e uguali diritti alle risorse vitali per sopravvivere e stare bene».
Martedì le sarà conferita la laurea in Scienze della Nutrizione. Qual è a suo avviso il miglior regime alimentare? E in Calabria cosa mangerà?
«La diversità è la dieta migliore. Quello che le nostre nonne cucinavano, il cibo fresco, locale, ecologico sono le diete migliori. E non vedo l’ora di mangiare qualunque cibo vegetariano mi verrà servito in Calabria».

TEMPO fa in un’intervista ha detto che la terra non andrebbe ferita nemmeno con un paio di tacchi. Lei, Vandana Shiva, gira il mondo per spiegare come “fare pace con la terra” (dal titolo del suo ultimo libro), calzando ballerine e avvolta da sei metri di colorato sari. Laureata in Fisica quantistica, ha dedicato il suo impegno alla salvaguardia del pianeta. Teorica dell’ecologia sociale, combatte l’eco – apartheid e le grandi multinazionali che a colpi di Ogm e monocolture intensive minacciano la biodiversità e l’autosufficienza delle popolazioni. La sua lotta è stata premiata con il Right Livehood Award, il Nobel per la Pace alternativo. Martedì, alle 9 e 30 in Aula Magna, le verrà conferita la laurea magistrale ad honorem in Scienze della Nutrizione da parte dell’Università della Calabria. E già lunedì sarà ad Arcavacata (aula consolidata 3 cubo 16C, ore 17), per discutere di globalizzazione, sovranità alimentare ed ecologia sociale. 

Dottoressa Shiva, pochi giorni fa la Corte Suprema Indiana ha respinto il ricorso del colosso Novartis che chiedeva il rinnovo del brevetto per l’antitumorale Glivec. È una svolta? 

«Novartis rivendicava il brevetto di un vecchio farmaco anticancro. Le compagnie indiane hanno già realizzato il generico e lo vendono ad 8 mila rupie per un mese di trattamento. La versione di Novartis viene venduta a 120 mila rupie. Quello che il tribunale indiano ha sostenuto è la distinzione tra le invenzioni reali e l’aggiornamento dei brevetti, riciclando vecchie invenzioni come nuove con modifiche irrilevanti. Il caso è importante perché mostra un semaforo rosso all’avidità delle corporazioni che calpestano i diritti delle persone. Sia in medicina che in agricoltura le multinazionali stanno stravolgendo i criteri delle invenzioni per instaurare monopoli»

In Italia c’è stata sempre resistenza agli Ogm. A suo avviso quali rischi correrebbe la nostra agricoltura?

«Siamo alle ultime fasi di una lotta tra un’agricoltura guidata dalle grandi aziende, globalizzata, basata sugli Ogm, che deruba le persone e i governi locali e regionali dei loro diritti, e un’agricoltura e un sistema alimentare democratici, ecologici, decentralizzati. I rischi che l’Italia e la Calabria affrontano sono gli stessi rischi che affrontano l’India o gli Stati Uniti. La Monsanto ha appena scritto una legge che la rende immune dalle decisioni dei tribunali, una evidente violazione della democrazia (la legge finanziaria firmata da Obama prevede una norma che impedisce alle Corti federali di vietare la vendita o la coltivazione di Ogm, indipendentemente da eventuali future conseguenze sulla salute, ndr). E la Monsanto ha investito milioni in California per far fallire il referendum sull’etichettatura degli Ogm. Quello che la Monsanto fa negli Stati Uniti, lo fa in Africa, in India, in Europa. Questa, a mio avviso, è la più grande sfida democratica del nostro tempo».

 La Calabria è una regione arretrata, eppure contaminata. Riscontra anche altrove questa contraddizione? 

«Le parti più povere del mondo e le comunità più povere diventano il deposito dei rifiuti dell’inquinamento e delle scorie a causa dell’ingiustizia ambientale». 

La Calabria è terra di foreste, che ogni estate bruciano per cause dolose. Come possiamo salvarle?

«Le energie organizzate delle persone sono l’unica protezione per le foreste. Quando aderii al movimento Chipko quarant’anni fa, era normale che fossero le donne sull’Himalaya ad uscire fuori e a proteggere le foreste».

Acqua, biodiversità, la lotta ai brevetti. Quale delle sue battaglie ritiene sia prioritaria per l’Europa e l’Italia?

«In tutto il mondo, la battaglia è quella della vita contro la distruzione, della condivisione e della solidarietà contro l’avidità e la privatizzazione».

Martedì terrà una lectio magistralis su “Biodiversità e donne nutrono il mondo”. Sostiene che la separazione dalla terra e dalla natura conduca allo sfruttamento della donna. Come?

«L’eco – apartheid, la separazione dalla Terra è un’illusione che si diffonde dalla visione del mondo del patriarcato capitalista. È una visione del mondo che è cieca davanti alla creatività e alla produttività della natura e alla creatività e produttività delle donne. Così le donne diventano oggetto di sfruttamento».

In “Ritorno alla Terra” nel 2009 lei segnalava le crepe del sistema capitalista e della crescita smodata. Oggi, e con la crisi economica in corso, nota una inversione di tendenza?

«Sì, c’è un cambiamento. Ma il cambiamento è stato quello di rimpiazzare i combustibili fossili con carburante biologico e prodotti chimici e plastici provenienti dalle biomasse. Questo è quello che sta conducendo al land grab, all’accaparramento della terra e alla deviazione del cibo in biocarburante, aggravando così la fame. C’è anche un altro cambiamento, che va verso il riconoscimento dei limiti stabiliti dal pianeta. La sostituzione del prodotto interno lordo con la Felicità interna lorda in Bhutan è un esempio».

La definizione di bene comune è ancora controversa. Lei quale darebbe?

«I beni comuni sono gli spazi e le risorse gestiti collettivamente dalla comunità per il bene comune. I beni comuni sono basati sui diritti che provengono dalla responsabilità, e uguali diritti alle risorse vitali per sopravvivere e stare bene».

Martedì le sarà conferita la laurea in Scienze della Nutrizione. Qual è a suo avviso il miglior regime alimentare? E in Calabria cosa mangerà?

«La diversità è la dieta migliore. Quello che le nostre nonne cucinavano, il cibo fresco, locale, ecologico sono le diete migliori. E non vedo l’ora di mangiare qualunque cibo vegetariano mi verrà servito in Calabria».

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